Pedro Almodóvar ci ha abituati a un certo cinema, a una lentezza che è ormai sua cifra stilistica, a storie complesse da capire, bisognose di un apparato digerente nella mente. Con Julieta Almodóvar torna all’universo femminile, con il suo modo di dirigere bravissime attrici, avvicinandosi alle labbra carnose e gli sguardi bassi, sperduti, ai respiri di speranze, agli incanti disillusi. Tinteggiando ancora una volta di rossi, di colori passionali, ma aggiungendo le diverse sfumature del mare, del bello, della disperazione fatta di pareti bianche impossibili da riempire.
È un paradosso, Julieta
È paradossalmente più facile provare empatia per le storie estreme di Tutto su mia madre o Volver, anziché per la normalissima vita della protagonista. Ma dai racconti impietosi di Alice Munro, l’occhio di Pedro si posa sulla debolezza femminile, sul non detto e il non fatto, sulla non conoscenza familiare e la mancanza di un calore che si dà per scontato, forse perché dovrebbe venire dal sangue.
È una donna debole, Julieta
Che molle non reagisce alle direzioni dove violentemente la porta il vento, che si compiange e cerca chi la compianga, che perde sua figlia e allora, solo allora, si accorge di non conoscerla, di averla data per scontata. Non è un film universale, Julieta, non parla a tutti allo stesso modo, e il premio cannense non ne fa di certo il miglior film di Almodóvar. Però parla a chi vuole ascoltare, a quelle madri che non sanno reagire, che preferiscono lasciarsi andare, poggiarsi sulla forza di figlie che la loro stessa debolezza ha fatto crescere troppo in fretta, privandole della spensieratezza, chiedendo loro aiuto e protezione, invece di fornirglieli, come sarebbe doveroso. E che poi si sorprendono se queste figlie la loro forza la impacchettano in una valigia piccola e se ne vanno, senza farsi più sentire. Basta così: di vita te ne ho data troppa, ma eri tu che avresti dovuto darla a me.
Non importa il motivo, assolutamente banale tanto da rasentare il cliché, per cui la figlia di Julieta è sparita per anni. Quello che conta, a un certo punto, in un giorno che arriverà prima o poi, è che non ci saranno più spiegazioni né recriminazioni. L’unica cosa che conta è “volver”, tornare.