Isaac Davis esce con Tracy, studentessa di diciassette anni, nella bellissima New York in bianco e nero fotografata da Gordon Willis in Manhattan. Di Woody Allen. Lo stesso regista e la stessa città di A Rainy Day in New York, suo ultimo film, e potrebbe essere tragicamente vero, che almeno per il momento non ci sarà concesso vedere. Perché, a quanto pare, una delle storie che si intrecciano in questa giornata di pioggia è quella tra un uomo di quarant’anni e più e una ragazza quindicenne.
Davvero troppo nell’era di #MeToo, e che faccia tosta per un uomo che ha abusato della figlia quando questa era praticamente in fasce. Anche se, lo sanno anche i sassi, più di un giudice ha detto che le accuse erano infondate, e addirittura il figlio della ex compagna Mia Farrow, Moses, ha scagionato e difeso Allen, puntando invece il dito sui metodi educativi terroristici della madre. Ma non è bastato per cancellare la macchia. Bisognava fare di più. Serviva una lezione esemplare. Come far terminare con disonore la carriera di uno dei più grandi cineasti di sempre. Ci ha pensato Amazon, che ha deciso di bloccare il film e di non distribuirlo, né in sala, né sulla sua piattaforma di streaming. Non ci è dato sapere se, in cambio di un giusto compenso, il Postal Market di Jeff Bezos cederà i diritti del film a un’altra compagnia. C’è da augurarselo. In ogni caso, questa è la dimostrazione che quanto sta accadendo nel mondo del cinema, e non solo, da quando è scoppiato il caso Weinstein, è pericoloso quanto il Maccartismo negli anni Cinquanta.
Ma se quella del laido senatore era una campagna politica, basata sulla paura del popolo americano, che mirava solo a una successiva scalata per fortuna mai accaduta, Il #Metooismo ha radici molto più solide, radicate nella vita sociale, culturale e politica. Dopo una partenza lanciata sacrosanta, basata sul fatto che le donne non possono essere trattate da certi maschi (ci terrei a circoscrivere la cosa, perché fare di tutta l’erba un fascio porta di solito a tragiche conseguenze) come carne da macello e indegne di avere un trattamento paritario nel consorzio civile, la cosa sta forse (è un eufemismo) un filo sfuggendo di mano.
Esempi pratici. Fare delle avances a una donna per cui si prova stima e attrazione. Che non vengono ricambiate. Si chiede scusa. Si viene accusati di molestie. Non è fantascienza, oggi. C’è questo rischio, è successo. La soluzione è semplice. Azzerare le interazioni uomo-donna, a meno di non avere la certezza assoluta di una chimica favorevole e di una totale disponibilità della controparte. Meglio ratificare tutto per iscritto prima, comunque.
Esiste la legge del contrappasso.
Accade quando una paladina del movimento, che ha subito violenza dal mostro Weinstein, viene accusata di avere abusato di un ragazzo minorenne, che oltretutto conosce da quando è bambino. Qui la narrazione è diversa. Ma figurati, come può avere violentato un uomo. E comunque, il ragazzo, che fortuna, chissà quanti della sua età avrebbero pagato per essere al suo posto. Commenti social reali fatti da uomini e donne. E guarda un po’, è proprio una donna ad avere “tradito” Asia Argento, svelando ciò che in confidenza (su Whatsapp, lasciando prove incontrovertibili) la figlia di Dario le aveva confessato. L’angelo della giustizia è Rain Dove, compagna di Rose MGowan, grande amica di Asia. O anche no. Questo è il primo paragrafo della lettera che la McGowan ha scritto sulla questione Argento – Bennet.
“I would first of all like to start off this statement saying thank you for your patience. A lot of people have been demanding answers and a response to the recent events surrounding Asia Argento’s sexual assault case. Many people believe that because we have been close in each other’s lives over the past year that perhaps I am affiliated with this incident or being complicit. I am not.”
Ovvero, manteniamo le debite distanze.
Non giudico le azioni di Asia Argento, né alla luce di queste trovo incoerente la sua passione nei confronti del movimento. Trovo molto più esecrabile il rapidissimo gettarla in pasto ai pesci dell’amica americana, ma anche in questo caso, non si può giudicare senza sapere le cose nel dettaglio.
Lo si può fare invece sulla base di fatti, prove, sentenze. Giuste o sbagliate, che piaccia o no, come successo meno di un mese fa per “l’affaire Fausto Brizzi”. E come successe per Mr. Allen, ormai molti anni fa. Eppure, per qualcosa che non ha fatto, ed è stato provato che non ha fatto, sta pagando un prezzo altissimo. Mentre pesanti sono le accuse, da parte del suo stesso figlio, di violenza psicologica, nei confronti di Mia Farrow sulla figlia Dylan, per farle vivere una menzogna per tutta la vita. Senza dimenticare che lo scandalo Weinstein nasce da un’inchiesta di, guarda un po’, Ronan Farrow, altro figlio di Mia.
Dietro il movimento #MeToo c’è evidentemente un mare di ipocrisie, regolamenti di conti, vendette pubbliche e private che molto presto tracimeranno naturalmente. Non volerle vedere è ingenuo e pericoloso per la giustissima battaglia che donne giuste e coraggiose, e uomini sensati possibilmente al loro fianco, stanno combattendo. Le conseguenze di questa miopia eccole qui. Sequestrare, di fatto, l’ultimo film di Woody Allen, è un crimine, di cui è mandante il movimento stesso. Ed è l’anticamera di un omicidio. Che si può ancora evitare.
In tutto questo, oggi è il giorno del matrimonio Ferragni – Fedez.
E nonostante le apparenze, c’entra, moltissimo. A partire dal quando. Non la data in sé, ma durante la Mostra del cinema di Venezia. Una dichiarazione d’intenti. Il red carpet non è al Lido oggi, è a Noto, ridente località siciliana, da qualche anno diventata covo di ricconi dal dubbio gusto che transumano da villa in villa per mandare avanti un lungo party a base di caviale, champagne, botox e altre sostanze più o meno legali. Quale posto migliore per celebrare questo rito pagano in diretta Instagram. Il #MeToo nel mondo dei #Ferragnez non esiste, è un concetto antico. Lo dimostra l’hashtag stesso, in cui il cognome della bella influencer è tarpato solo della vocale finale. Come diceva la moglie di Harry, mantiene il cognome, ma Chiara fa di meglio: lo fa prendere anche al futuro marito. Saranno i Brangelina de Noantri, con il figlio Leone (d’oro, ovviamente) che vedremo crescere giorno dopo giorno, tra social e rotocalchi. Il più ricco matrimonio a costo zero, probabilmente, vista la straordinaria abilità che ha l’influencer a barattare servizi con i suoi milioni di followers, più o meno reali. Ecco quindi che la compagnia di bandiera cerca di far dimenticare i soldi che sta facendo spendere quotidianamente ai contribuenti facendo volare gli sposi, con parenti e amici stretti, su un volo tutto per loro, con tanto di tappeto srotolato sulla pista, come per il Papa. E poco importa che la raccolta fondi benefica, che la coppia aveva chiesto come regalo di nozze, abbia raggiunto i 21.000 euro su un obiettivo di 50.000. Che permettete, vista la popolarità della coppia e il livello degli invitati, è comunque una cifra pidocchiosa.
La cancellazione del film di Woody Allen e il matrimonio Ferragnez sono due facce della stessa triste medaglia.
L’involuzione culturale e intellettuale della società contemporanea, e di cui queste sono solo spigolature, al confronto di questioni ben più serie, che proprio in Italia vengono affrontate malamente da improvvisati parvenu che non sanno cosa sia la dignità. Una battaglia che sembra inevitabilmente già persa.
It’s a rainy day in New York. E non me ne voglia il sindaco di Noto, speriamo lo sia anche lì. Tanto, come si dice, sposa bagnata, sposa fortunata. L’abito Dior zuppo farà un figurone comunque su Instagram.