C’è stato un tempo in cui eravamo eroi. Un tempo in cui tutti ci ammiravano, ci stimavano, confidavano in noi. Molti volevano essere noi. Poi è accaduto qualcosa, non del tutto dipendente dalla nostra volontà. Qualcosa che, nostro malgrado, ci è sfuggito di mano e ci ha fatto cambiare agli occhi della gente. Improvvisamente non valiamo più nulla. Ogni tanto qualcuno ci nota, si ricorda di noi e ci guarda come reietti, con lo sguardo benevolo della nostalgia. Gli Incredibili 2 ha un incipit che sembra parlare di alcuni di noi, autori di una generazione di mezzo, ora ridotti a blaterare che non è così che si fa e a venire insultati sui social se ti permetti di far notare che si sostengono corbellerie, per giunta in un italiano pencolante, se non sgrammaticato. E permettetecelo: il parallelo non è affatto azzardato.
Perché se il primo Incredibili rifletteva già sulla società, era un film incredibilmente maturo e fruibile a più livelli, divertente per i bambini, scoppiettante per gli adolescenti e denso di spunti su cui riflettere per tutti gli altri, questo secondo capitolo lo è ancora di più. Meglio: Gli Incredibili 2 è un film politico. Perché la Pixar, al contrario della “casa madre Disney” non fa i sequel tanto per farli, più debolucci volutamente perché il classico deve essere solo il primo, al mero scopo di incassare. La Pixar ci mette anni e anni per realizzare un sequel, che ogni volta supera il precedente sia a livello tecnico che contenutistico.
Gli Incredibili 2: il ritratto della realtà senza retorica
Sì, lo sappiamo ormai che i veri supereroi sono i genitori che fanno bene il loro mestiere – e la battuta di Edna Mode è incisiva e lapidaria come solo questo magnifico personaggio sa essere – che le mamme che lavorano sono Incredibili e non sappiamo proprio come facciano. Ma non è solo questo che si racconta ne Gli Incredibili 2. Quanto invece la difficoltà nel superarli davvero certi cliché: il “mammo” ormai è una realtà, ma come la vive Mr. Incredibile? Non è sin troppo facile, per un cattivo, portare alla ribalta Elastigirl e costringere lui a restare a casa con i figli, mentre guarda alla TV le gesta della sua moglie in super-carriera? Tutto questo e molto di più sta solo nella prima parte di questo film, la parte in cui i Super decidono di ricordare al mondo che un tempo erano qualcuno, e che ancora hanno da dare e soprattutto da insegnare alle nuove, spesso improbabili, generazioni. Un mondo che li ha amati e che adesso li vede come cariatidi, che anziché sforzarsi di imparare, con esercizio e tempo, preferirebbe avere un paio di massime infallibili lunghe quanto un tweet.
Tutto questo è letteralmente spiattellato in faccia a uno spettatore indifeso, convinto di andare a vedere un film per bambini e invece si ritrova di fronte allo specchio. Ma senza nessuna traccia di retorica: solo pura osservazione e conseguente descrizione. Con scene action e sequenze in motocicletta o sul tetto di un treno che farebbero invidia alla regia dei migliori Mission: Impossible. E lo confessiamo: per la prima volta diamo ragione al cattivo.
Il villain de Gli Incredibili 2 è solo uno che usa la testa
Già, perché anche il villain, che non vogliamo rivelarvi dal momento che è “misterioso” per buona parte del film, fa un discorso molto ficcante nella sua semplicità: il popolo si adagia, aspetta che arrivi un qualche supereroe a salvarlo. Come noi, che amiamo tanto lamentarci, tuttologi come mai prima d’ora, con pretese a volte giustificate a volte no, con disagi che noi per primi perpetriamo ad altri, sempre pronti, tutti, a ricevere il bacio della salvezza dal principe azzurro. Che oggi, un po’ in tutto il mondo, non arriva sul cavallo bianco, ma fa la voce grossa e promette di liberarci dalle angherie di un diverso che approfitta della nostra bontà. È una critica alla favola classica, un ribadire “OK, noi ci siamo, ma tu vedi un po’ di darti una mossa”, che vuole comunicarci Brad Bird, solito incredibile autore e regista totale. Perché il cattivo forse esagera e passa al torto, ma lo scopo è sempre quello di convincere una massa informe e plasmabile a credere a lui e non ai “buoni”, a puntare il dito in puro stile “E allora loro? Guarda che disastri hanno fatto quando c’erano loro…” e a non proporre una reale alternativa.
E se vi state chiedendo se è il caso di portare i vostri figli, ora che sapete tutto questo, la risposta è sì. Perché Violetta è sempre di più lo specchio di un disagio adolescenziale visto con un occhio amorevole come solo John Hughes sapeva fare. E perché Jack Jack è la più strepitosa trovata in un film di supereroi dai tempi del primo Superman.
No, non siamo tutti supereroi. È inutile che vi convinciate del contrario. La maggior parte di noi non sa fare bene il mestiere di genitore. Alcuni – per fortuna pochi – avrebbero proprio dovuto evitare di farlo. E no: non siamo tutti capaci di badare a noi stessi. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci salvi dalle nostre stesse inettitudini. Quantomeno, potremmo sforzarci di sceglierne uno come si deve.
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