La Pixar si supera sempre, ma questa volta, con l’adorabile robottino del futuro, raggiunge le vette che poche volte si riescono a toccare nella storia del cinema. Ci sono tanti modi in cui si potrebbe parlare di Wall•E, una quantità tale da risultare persino troppi e da non stare nemmeno in una pagina web che, teoricamente, può essere lunga quanto ci pare. Possiamo dilungarci sulle specifiche tecniche di un lungometraggio d’animazione digitale che rasenta (e forse raggiunge) la perfezione, ma tutti sanno ormai di cosa sia capace la Pixar e non serve che siamo noi a ribadirlo. Il mondo del futuro, con grattacieli fatti di cubi di immondizia (ne produciamo talmente tanta che nemmeno in 700 anni si potrebbero mettere a posto le cose) è rappresentato in una maniera talmente realistica da far paura.
Invece ci preme raccontarvi altre cose di Wall•E. Perché se avete visto i filmati su YouTube, il sito ufficiale Disney o qualunque altro indirizzo utilizziate, saranno i due oblò in cui si riflette il cosmo che formano gli irresistibili occhi di Wall•E, sarà quel suo modo dolcissimo, tecnologico e infantile, di pronunciare il suo nome a portarvi al cinema. Ma sarà la storia assolutamente incomparabile a quella di qualunque altro cartoon mai visto prima a farvici tornare più e più volte. Chi scrive è una addicted, o meglio obsessed, di Cenerentola (la prima eroina moderna della mia vita, che non aspetta il principe che la svegli, se lo va a cercare tutta sola a un party in cui non conosce nessuno e poi, diciamocelo, il suo destino è dettato dal gran gusto che ha per le scarpe!) ed è sempre stata convinta che nessun altro cartone potrà mai eguagliarlo. Ecco, Wall•E quasi raggiunge il parimerito, va ammesso.
Wall•E è anche l’elogio della solitudine e del non arrendersi
I primi venti minuti del film sono storia del cinema puro, quasi muto, linguaggio delle immagini assoluto, apologia della solitudine, della routine che aiuta a sopravvivere, cantico del collezionismo che solo chi è affetto dallo stesso morbo può capire. La storia di Wall•E non è quella di Ciàula che scopre la Luna: il nostro robot-operatore-ecologico ha già alzato gli occhi al cielo, conosce la bellezza del firmamento, si è già stupito e sentito piccolissimo rispetto all’Universo. Se avesse potuto, avrebbe pure già pianto. E l’unica presenza che lo aiuta è quella del suo amichetto-insetto, fedelissimo, curioso e divertente, un elemento che renderà sopportabile ai bambini tutto questo. Per noi adulti, il film sarebbe pure continuare tutto così. Ma per fortuna non lo fa e ci sorprende con i contenuti.
Wall•E si innamora, viaggia attraverso il cosmo e arriva agli umani. Che sono grassi, inutili e tutti presi dalla loro futuristica versione del telefonino. Ha conosciuto Eve, unità robotica dal design aerodinamico che ricorda quello della Apple, e ha incontrato una serie di altre macchine simpatiche quanto significative.
Oltre a essere una bellissima storia d’amore, Wall•E è una parabola, anzi tante, che spiegano dilungandosi o meno, moltissime cose che andiamo dimenticando. Come la non omologazione, la facoltà di scelta, il libero arbitrio, che troppo spesso accantoniamo perché siamo prigionieri della nostra direttiva, di lavori che ci fanno muovere tutti seguendo la stessa strada. Che succede quando M-O deve decidere se continuare a pulire lo sporco lasciato dai cingoli di Wall•E o se seguire la scia luminosa che gli dice dove andare? Che succede quando Eve si trova sola sulla Terra e l’astronave se ne va, e lei può scegliere se mettersi subito alla ricerca o se prima librarsi un po’, libera come una bambina nei prati?
Wall•E: il messaggio dirompente e rivoluzionario in un solo gesto
Ma niente è paragonabile al messaggio ecologista, tanto caro alla Pixar da sempre, che ci viene dato con Wall•E e che stavolta raggiunge un grado di gravità dirompente. Una scena, un piccolo gesto, segna il punto di rottura rispetto a tutti gli altri cartoon Disney o Disney Pixar realizzati fino a ora: quando Wall•E scansa la mano di Eve.
Quel gesto è rivoluzionario, è qualcosa di del tutto nuovo, come quando per la prima volta Stitch sputò: mai prima d’ora in un film Disney il sentimento principe (d’amore o d’amicizia che sia) è stato messo al secondo posto, dopo un bene universale e superiore. C’è qualcosa di più importante, più importante anche di te e me, sembra dirci Wall•E, nuovo eroe che salva il mondo con una piccola pianta e ci insegna che sì, bastava poco, ma nessuno hai mai detto che sarebbe stato facile. Invece l’umanità sceglie la via più breve, quella di un comando dato di fretta, perché ormai tutti fanno tutto a tirar via, guidati solo dalla logica del minimo impiego di energie. Almeno una volta c’era il vecchio “massimo profitto con il minimo sforzo”…
E se avete timore di commuovervi, niente paura: la bellezza strabordante di questo film non vi farà provare un solo tipo di emozioni. Riderete anche, e tanto, e i fanatici della citazione cinematografica avranno di che baloccarsi, con i riferimenti che spaziano attraverso i generi. Ci sono sì, ovviamente 2001: Odissea nello spazio e Terminator, ma c’è anche, e soprattutto, Hello Dolly, il musical più bistrattato recuperato da un sentimentalone che ha un binocolo al posto degli occhi.
Siete ancora qui a leggere? Andate al cinema! E poi fate qualcosa per il nostro pianeta, che il problema ecologico non è una moda per radical chic. Di fronte alle scelte comportamentali, non siate qualunquisti, fate la vostra parte. Non sarà facile, ma è la cosa giusta da fare.
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