Stick Boy liked Match Girl,
he liked her a lot.
He liked her cute figure,
He thought she was hot.
But could a flame ever burn
for a match and a stick?
It did quite literally;
he burned up pretty quick.
(Stick Boy and Match Girl in love, Morte malinconica del Bambino Ostrica e altre storie, di Tim Burton)
Pochi autori sanno conservare la propria cifra stilistica tanto a lungo e in maniera così inconfondibile come Tim Burton. Big Fish, il romanzo di Daniel Wallace, sembra fatto apposta per il suo talento visionario e amante della stranezza e della diversità. Per Burton il diverso e l’inconsueto sono quanto di più curioso e poetico esista al mondo, non per gusto dell’orrido, come molti hanno sostenuto in passato, ma per una sorta di tendenza a non crescere mai, a lasciarsi incantare oggi come ieri dalle favole e dal meraviglioso.
Anche se ha preso qualche cantonata al botteghino con film di difficile presa sul grande pubblico, e anche se ha avuto una brusca caduta di stile con Planet of the Apes, Tim può vantare uno stuolo di fan affezionatissimi in tutto il mondo (più in Europa che in patria, in verità), i quali non resteranno affatto delusi da questa pellicola intrisa del suo stile, ma anche e finalmente del suo modo di essere.
Se molti riconosceranno Burbank, dove Burton è cresciuto, nella assolata città di Spectre, altri non faticheranno a individuare lo stesso regista nel personaggio di Ed Bloom, uno a cui piace raccontare storie meravigliose a tutti quelli che sono disposti ad ascoltarlo.
Grazie a collaboratori di altissimi livello che ormai lo accompagnano più o meno in ogni film, Burton riesce a creare un mondo immaginario parallelo e non troppo distante da quello reale, avvalendosi ancora una volta dei costumi del premio Oscar Collen Atwood: un’infinita varietà di stili e colori, un’eccentricità che osa senza esagerare, senza cadere nell’impossibile e rimanendo sempre nella sospensione del credibile, nell’atmosfera magica e rassicurante che è quella della favole. Anche per le musiche, un vecchio amico di Tim ha prestato servizio: Danny Elfman abbandona la colonna sonora uniforme che lo contraddistingueva in altre creazioni burtoniane per lanciarsi in un qualcosa di multiforme e vario, come i personaggi che deve commentare con le sue note, e lasciando spazio a pezzi originali di altri autori come i Pearl Jam e la loro bellissima ballata.
Il cast di tutte stelle colpisce, prima ancora che per la bravura, per le incredibili somiglianze: il sorriso di Albert Finney (grandissimo) è davvero simile a quello da faccia da schiaffi di Ewan McGregor e Alison Lohman sembra proprio una vecchia foto di Jessica Lange. E poi Billy Crudup, probabilmente consigliato a Burton dall’amico Cameron Crowe, sempre ottimo, e la bella Marion Cotillard, dolce e illuminata di caldo, di dolcezza, di sensibilità tutta materna e densa d’amore.
Come faceva con Lisa Marie, Tim gioca molto con il trucco della sua compagna: con poco trucco Helena Bonham Carter tira fuori la strega che c’è in lei…
Big Fish è un film che lascia un senso di benessere
Per diversi giorni dopo la visione, è un modo di raccontare la vita e la morte come momento indissolubile ad essa, come un passaggio a un qualcosa di diverso, di misterioso e in un certo senso di curioso, senza lasciarsi andare ad inutili compianti e facili patetismi. Tim Burton si porta dietro tutto il bagaglio accumulato in questi anni, tira fuori una regia più misurata, disegna le scene in modo meno estremo e più maturo, pone la sua darkness all’interno stesso delle cose, non fuori, non all’esterno, sfoggiata come una spilla in petto, ma nell’animo, nell’essenza, nell’aria che si respira.
Il suo talento visionario produce freaks gioiosi, consapevoli della propria unicità e sereni con essa, un circo di esseri viventi che qualcuno ha giustamente definito felliniani, ma che ricordano anche tanto quelli più malinconici del suo libro di poesie illustrate Morte malinconica del Bambino Ostrica e altre storie. Forse questo è il suo film più autobiografico, nonostante tutto. Perché in fondo lui è Tim, il cantastorie.