Sarà un caso, ma spesso e volentieri i film ambientati nei dotti ambienti letterari finiscono con l’essere anche inevitabilmente noiosi. Una cosa strana, visto che non dovrebbe esserci niente di più entusiasmante nel raccontare la storia di chi inventa delle storie. In Sotto falso nome, l’intrigante presupposto di trovarci di fronte a uno scrittore invisibile, dovrebbe farci rammentare la fascinazione di un Salinger o di un Pynchon, personaggi che hanno fatto del mistero che avvolge le loro figure un valore aggiunto per le loro mirabili opere letterarie.
Roberto Andò costruisce un intreccio che potrebbe essere morboso e intrigante al punto giusto, ma che presto diventa lento e noioso, soprattutto a causa delle reiterate scene di accoppiamento tese a esaltare il mistero e le forme della statuaria Anna Mouglalis. Così Sotto falso nome finisce col perdere di vista troppo a lungo la bussola, tornando sulla traccia principale tardivamente e con una serie di prevedibili colpi di scena, sino al finale, misterioso e aperto.
Buone prove d’attore per Daniel Auteil e Greta Scacchi, molto meno per la Mouglalis, algida come un cornetto, tutti inseriti in un film ricco di buone intenzioni, ma troppo compiaciuto della sua apparentemente perfetta costruzione a tavolino.