“Io non sono imparziale”. Lo dice Nanni Moretti a un ex militare cileno, un torturatore e un assassino del regime di Pinochet, uno di quelli convinti di avere fatto la cosa giusta. Ecco, questa frase, l’unica che il regista dice stando in macchina, è l’essenza di Santiago, Italia.
Santiago, Italia, un documentario per Nanni Moretti
Un film che arriva a sorpresa, e per fortuna, così come sorprendente è la storia che ha deciso di raccontare Moretti. Non il colpo di stato dell’11 settembre 1973, quando l’esercitò bombardò il palazzo del governo, uccidendo il presidente democraticamente eletto Salvador Allende, ma quello che avvenne dopo. E lontano dal Cile. In un posto che non esiste più, se non per il nome. Un paese chiamato Italia, fatto di persone che accolsero, come loro uguali, i rifugiati politici cileni, accolti dalla nostra ambasciata a Santiago e mandati nel nostro paese. Una volta arrivati, gli furono dati dei soldi, dei vestiti, una casa, un lavoro. Sono entrati a far parte della nostra comunità, e molti di loro sono ancora con noi. Hanno creato ricchezza, umana, culturale, economica. Hanno imparato da noi e hanno condiviso il loro bagaglio. Abbiamo ascoltato il loro dolore e cercato di lenirlo. Tutto questo, poco più di quarant’anni fa. E sembrano secoli.
Santiago, Italia è una lezione di educazione umana
È sorprendente la capacità che ha Nanni Moretti di raccontare la storia giusta al momento giusto e nel modo migliore. Lo fece con Palombella Rossa, in cui profetizzò la fine della sinistra italiana con largo anticipo. Lo ha fatto con Il caimano per Berlusconi e con Habemus Papam. E adesso, con grande lungimiranza, mette gran parte degli italiani di fronte alle loro responsabilità. Quelle di essere diventati delle persone orribili, di avere trasformato un paese che una volta era un esempio di civiltà e umanità, conquiste sociali e culturali a cui si era giunti combattendo, versando sangue, in un posto squallido e ignobile. In perfetta identità con chi oggi l’Italia la governa.
Santiago, Italia è un’opera da cui si dovrebbe ripartire
Moretti ci comunica che è arrivato il momento di ripartire dalle cose che contano, lo fa regalandoci, perché ogni suo film è davvero un regalo, un’opera magnifica, costruita con rigore, intelligenza e passione, e con alcuni passaggi degni del suo cinema migliore. Emoziona e appassiona, Santiago, Italia, e fa sentire anche in colpa, perché se siamo arrivati a tanta povertà civile, la responsabilità e di tutti. “Io non sono imparziale”. Esatto. Non dobbiamo esserlo. Perché su questa barca che sta affondando ci siamo tutti. E quando sprofonderà nell’abisso, forse capiremo come si sentono i nostri simili che schifiamo come fossero immondizia. Anzi, scusate: che schifano. Perché non si deve essere imparziali. E i due terzi degli italiani in cui non ci si riconosce bisogna chiamarli per nome. Fascisti. Come quelli che un giorno di settembre bombardarono una pacifica e gioiosa rivoluzione.