Alle Olimpiadi invernali di Lake Placid, ancora una volta la medaglia d’oro per la squadra americana di hockey su ghiaccio sembra irraggiungibile: sulla loro strada infatti si troveranno di fronte gli imbattibili sovietici. Ma lo sport spesso non ha niente di logico. Per raccontare quella partita, Miracle è il titolo giusto.
Le Olimpiadi invernali del 1980 sono ricordate per uno dei momenti più emozionanti della storia dei cinque anelli. In quell’anno difficilissimo per il mondo intero, in un momento in cui la guerra fredda si stava riscaldando oltre il livello di guardia, una squadra composta da ragazzi del college si apprestava a compiere un’impresa incredibile: battere l’invincibile nazionale di hockey dell’Unione Sovietica e conquistare la medaglia.
Vista così, sembrerebbe la Grecia che vince gli Europei di calcio, ma per capire l’importanza di Miracle, bisogna tornare indietro nel tempo e guardare agli eventi di quel periodo. Le olimpiadi estive di Mosca, pochi mesi dopo, avrebbero incassato il boicottaggio totale degli Stati Uniti e quello parziale degli altri paesi della NATO; la presidenza di Jimmy Carter entrò in forte crisi per la questione degli ostaggi americani in Iran e di lì a poco l’arrivo alla Casa Bianca di Ronald Reagan avrebbe ulteriormente peggiorato i rapporti con L’URSS.
Con una situazione del genere, la vittoria di questi ragazzi capitanati da un esperto allenatore, Herb Brooks, interpretato da Kurt Russell (chiamatelo Jena, ovviamente), fu interpretata come una rivincita dello spirito olimpico contro la follia della guerra.
Siamo in un anno olimpico e in guerra: una volta per il periodo dei giochi i conflitti s’interrompevano. Sarebbe bello far rispettare queste sane tradizioni.