In The Bourne Supremacy, Jason Bourne sta cercando di allontanare i fantasmi della sua precedente vita come killer al soldo della CIA. Ma qualcuno lo ha rimesso in gioco, incolpandolo di un duplice omicidio e cercando di ucciderlo per eliminare il problema. Purtroppo a perdere la vita sarà la compagna di Bourne che a questo punto deve riprendere in mano la sua vita…
Quando due anni fa si affacciò sugli schermi The Bourne Identity, tratto dal romanzo di Robert Ludlum che narra delle avventure di Jason Bourne, agente CIA del progetto Treadstone, composto da killer infallibili e senza pietà, nessuno avrebbe scommesso sul suo successo. Will Hunting che fa la spia? Ma andiamo, stiamo scherzando!
E invece eccoti centoventi milioni di dollari incassati solo sul mercato americano e un successo anche più clamoroso in DVD, tanto che la premiata ditta Kennedy – Marshall, una coppia che in quanto a produrre film di successo ne sa qualcosa (avete presente I predatori dell’arca perduta e Chi ha incastrato Roger Rabbit?) ha deciso di mettere immediatamente in cantiere un sequel. Riecco quindi Matt Damon e Franka Potente alle prese con gli intrighi del potere e le mille insidie interne alla Central Intelligence Agency.
Come si dice, squadra che vince non si cambia, quindi intorno ai due protagonisti tornano anche Brian Cox (il primo Hannibal Lecter in Manhunter di Michael Mann) nei panni di Ward Abbott, misterioso controllore del Treadstone, e Julia Stiles, analista del gruppo e sempre più lanciata nel firmamento hollywoodiano, soprattutto dopo il ruolo al fianco di Julia Roberts in Mona Lisa Smile. Sarà il nome a portare bene?
Le facce nuove sono molte e molto note
A partire da Joan Allen, tre volte candidata all’Oscar (Nixon di Oliver Stone, La seduzione del Male tratto da Arthur Miller e l’inedito in Italia The Contender) e probabilmente una belle migliori attrice americane degli ultimi anni che si cala perfettamente nei panni di Pamela Landy, agente decisa a scovare Bourne per fare luce sulla morte dei suoi uomini. Incontriamo anche uno dei pochi colleghi di corso di Jason, un’altra macchina per uccidere interpretata da Marton Csokas che il pubblico italiano ha apprezzato nel recentissimo Evilenko di David Grieco.
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Sceneggiato da Tony Gilroy, già autore del primo e orfano del talento di William Blake Herron (L’orecchio dei Whit, il suo film d’esordio, era un gioiellino che impreziosì la Settimana della Critica a Venezia ’99), The Bourne Supremacy vede dietro la macchina da presa Paul Greengrass (Doug Liman che aveva diretto il primo, figura come executive producer).
Il regista, Orso d’oro al Festival di Berlino del 2002 per Bloody Sunday ha accettato con grande entusiasmo la sfida di dirigere un film hollywoodiano che andasse a recuperare un genere che da tempo non viene più sfruttato a dovere, quello della spy story. Il fiacco tentativo di rivitalizzarlo da parte di Tony Scott con Spy Game non ha sortito grande effetto e l’ultimo film di rilievo precedente era stato Ronin, diretto oltretutto da un maestro come John Frankenheimer.
Greengrass mette dentro tutto
Inseguimenti, accessori ultratecnologici, combattimenti corpo a corpo e tutto il decalogo del perfetto secret agent di celluloide, una ventata di aria fresca dopo la fine della guerra fredda (scusate il tremendo gioco di parole…).
I russi, infatti, non mangiano più i bambini, semmai producono petrolio e diventano ricchi e pericolosi, gli americani desiderano soltanto avere ancora qualcuno con cui giocare alle spie e se non lo trovano se lo creano, il campo di battaglia resta sempre la vecchia Europa.
The Bourne Supremacy è quasi tutto girato a Berlino
Con una lunga sequenza moscovita e una minuscola parentesi a Napoli. Se ci aggiungiamo anche Goa e New York abbiamo quasi fatto il giro del mondo, ma non dimentichiamoci che una delle ragioni del successo della serie di James Bond è proprio la varietà di location che in ogni film vengono visitate dalle avventure di 007.
Jason Bourne (J.B., stesse iniziali…) ha quindi la possibilità di diventare una serie ben più fortunata di quanto sia riuscito a XXX, personaggio abbandonato da Vin Diesel e che verrà interpretato nel sequel da Ice Cube.
Merito senz’altro di Matt Damon
Risultato estremamente convincente nel ruolo già dal primo film e, naturalmente, di Robert Ludlum, uno dei più grandi scrittori di spionaggio degli ultimi quarant’anni che è riuscito a creare un universo in cui Jason Bourne è capace di vivere ogni momento come se fosse il primo e allo stesso tempo di rendere tutto estremamente credibile.
Il mondo è cambiato, ma gli intrighi da qualche parte ci sono ancora.