Glass, ecco finalmente l’attesa chiusura della trilogia supereroistica di M. Night Shyamalan. Iniziata con Unbreakable e proseguita, con uno straordinario colpo di scena degno de Il sesto senso, con il sorprendente Split. Adesso è giunto il momento della reunion e del confronto tra l’eroe, il villain e il mostro. Proprio come in un classico dei fumetti che si rispetti.
Glass: a volte ritornano
L’indistruttibile David Dunn è ancora sulla breccia. Ha un fiorente negozio di antifurti casalinghi e videosorveglianza e se ne va in giro per la città a riparare torti, aiutato da Oracolo. No, scusate, quello è un altro vigilante. Aiutato dal figlio Joseph, suoi occhi e orecchie attraverso la Rete. In uno dei suoi giri, David individua il nascondiglio delle multiple personalità di Kevin Wendell Crumb. Ha rapito un gruppo di cheerleaders e la Bestia potrebbe manifestarsi da un momento all’altro. David le salva, ma viene catturato insieme alla sua nuova nemesi. Portato in un ospedale psichiatrico di massima sicurezza, troverà lì una sua vecchia conoscenza: Elijah Price, meglio noto come Mr. Glass…
Glass in the Water
Il resto è, come piace a Shyamalan, un gioco di incastri, in cui la cosa apparentemente più importante sono le psicologie dei personaggi, le loro interazioni, con sullo sfondo i comprimari anelli di congiunzione della complicata struttura narrativa in cui il regista si va regolarmente a cacciare. Eppure. Il fascino di Glass è proprio qui nella costruzione di un mondo che è prima di tutto letterario, più che cinematografico. Le azioni dei protagonisti vengono spiegate per rendere omaggio a colui che tutto muove. Il vero Mr. Glass, lo sceneggiatore, che rende reale l’arte dell’immaginazione. Facendo un semplice confronto fumettistico, uno dei primi e più temibili nemici dei Fantastici 4 era Il Burattinaio, e non è in fondo questo chi scrive e mette in scena una storia? Maestri dell’inganno, arte in cui Shyamalan ha più volte dimostrato di essere notevole. Ma più che chiudere la trilogia dei supereroi di tutti i giorni, che avrà comunque un futuro, Glass sembra voler dare finalmente la giusta importanza al film più bistrattato da pubblico e critica, e al contempo più amato dallo stesso regista. Lady in the Water era un gioco, sin troppo complicato e raffinato, sul raccontare storie. Un’opera incompiuta sotto molti punti di vista, alcuni voluti, molti di più non gestiti correttamente da Shyamalan. Ma come Glass, più interessante per quello che ti dice senza mostrare.
The Glass is Broken
Glass è un film da sfogliare, e d’altronde è sempre stato questo il concept della trilogia. Ed è anche il suo pregio e il suo limite. Come spesso accade, Shyamalan si compiace e si specchia sin troppo, e il gioco, si sa, è bello quando dura poco. In questo caso è anche sin troppo complesso, e cerca di dire cose molto importanti, politiche e sociali, di cui lo stesso autore sembra convinto solo perché funzionerebbero in una buona storia, non per amore del prossimo e della giustizia. Ma pur se a fatica, Glass cattura, e come accade quando finisci l’albo e la storia è ancora a metà, non vedi l’ora che arrivi il prossimo numero.