A lungo atteso, già capolavoro mesi prima anche solo di essere battuto il primo ciak, opera di culto a scatola chiusa. Alla fine arrivato anche nei cinema italiani, Il cavaliere oscuro – Il ritorno chiude la trilogia firmata Christopher Nolan sulle gesta di Batman. Lo fa portando sul grande schermo il roccioso Bane, supercattivo che nei fumetti costringe Batman alla resa e alla sedia a rotelle, e la sensuale Catwoman.
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Bruce Wayne ha deciso di appendere la cappa al chiodo, dopo essersi accollato le responsabilità degli omicidi perpetrati da Harvey Dent – Due Facce e roso dal rimorso di avere perduto il grande amore della sua vita. Ma qualcosa sta succedendo a Gotham e c’è ancora bisogno di Batman per salvare la città e la civiltà occidentale.
I fratelli Nolan, con David Goyer in appoggio, scrivono un copione con le ambizioni della tragedia shakesperiana usando come base il romanzo a fumetti di Frank Miller Il ritorno del cavaliere oscuro.
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Decidono di mischiarlo, in maniera fantasiosa quanto forzata, a due saghe di spessore come quella di Knightfall e di Ra’s Al Ghul. Ne viene fuori un film che tradisce non poco la narrazione batmaniana, prendendosi licenze sin troppo ampie, spesso confuso e molto freddo nei momenti che dovrebbero esaltare l’epica del “Rise and Fall”.
Narrativamente farraginoso e sostanzialmente poco interessante, Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno si perde in tutti quelli che sarebbero potuti essere i punti di forza, dal Bane di Tom Hardy, piatto e svilito come spessore, a Catwoman, personalità complessa che viene sviscerata ben poco.
Le cose migliori arrivano dai personaggi di contorno
Gary Oldman, Morgan Freeman e la new entry Joseph Gordon-Levitt. Nel complesso Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno è una logica chiusura della saga secondo Nolan, regista che ama costruire grandi impianti cinematografici che raramente riesce a gestire completamente, come già successo nel precedente episodio di Batman e Inception.
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Detto ciò, va reso comunque omaggio a un regista che ha il coraggio di osare. Ma Nolan manca di quella qualità imprescindibile per realizzare opere davvero indimenticabili: il desiderio di raccontare storie. Non solo dimostrare di saperlo fare.