Kirill Serebrennikov è un regista già noto al circuito festivaliero italiano, grazie al vittorioso passaggio nel 2006 alla prima edizione del Festival di Roma, all’epoca ancora Festa, con Playing the Victim.
Sei anni dopo lo ritroviamo in concorso a Venezia con Betrayal, morboso intreccio amoroso tra un uomo e una donna alle prese con la relazione che i rispettivi coniugi conducono. Una scoperta che diventa ben presto una pericolosa ossessione.
Un tema ben più che intrigante che Serebrennikov porta avanti infondendo atmosfere noir ed esistenzialiste, osando con soluzioni di montaggio molto interessanti e un gusto per la composizione dell’inquadratura e i movimenti di macchina che raramente ormai si riescono a vedere nel cinema contemporaneo.
Peccato che questa buona struttura cinematografica non vada a braccetto con altrettanta solidità narrativa. Questo torbido intreccio non riesce mai infatti a prendere una strada decisa, partendo come il racconto di un’ossessione, trasformandosi in un giallo mancato e chiudendosi come un’opera morale e, purtroppo, anche fintamente non moralista, con evidenti desiderio di ripercorrere le orme di Chabrol e Kieslowski. Ma Serebrennikov non è né l’uno, né l’altro.