Se anni fa avessero chiesto alla sottoscritta di associare Paolo Virzì a Thelma e Louise, probabilmente un punto interrogativo si sarebbe materializzato nell’aria. Cosa c’entra il regista de Il capitale umano con l’America on the road? Il punto è che Virzì ha sempre avuto, con risultati a dir poco altalenanti, grande sensibilità per la persona e per la sua dignità, e che quel film erroneamente considerato un manifesto femminista (il finale il femminismo lo uccide, gente!) è un inno alla libertà di decidere della propria vita.
Libertà che Ella & John, due anziani del ceto medio, molto colto lui, più popolare lei, decidono di viversi, fino alla fine. Libertà di amarsi fino alla fine, di restare insieme, costi quel che costi, perché l’uno senza l’altra sono letteralmente persi, spaccati a metà. Lui soffre di demenza senile, i ricordi della sua mente brillante si perdono velocemente. Ma è forte. Lei è lucida, ma un cancro la sta divorando. In due fanno l’intero della mela, come nelle migliori favole d’amore. Un argomento personalissimo, che ogni spettatore potrà vivere più o meno profondamente, che di certo non è mainstream, che ha un target di età e livello culturale elevati.
A bordo di un camper sgangherato, The Leisure Seeker, i due partono per l’ultima avventura della loro vita, sostenendosi a vicenda, comprendendosi, stuzzicandosi e stimolandosi, sorridendo e amandosi, come hanno sempre fatto. E mentre loro percorrono la strada, noi ripercorriamo la loro vita insieme.
Un film che potrebbe riassumersi in un nome e un cognome: Donald Sutherland. Un attore colossale che qui dà il meglio di sé senza nemmeno doversi sforzare troppo. Gli bastano quegli incredibili occhi, il sorriso mai cambiato, e un fascino indiscutibile che il tempo non può scalfire. Il suo John è tridimensionale e profondo, ora commovente, ora divertente, il ritratto di un uomo del quale sarebbe impossibile non innamorarsi. E davanti a cotanto interprete, sembra quasi che Paolo Virzì abbia fatto tre passi indietro, che si sia fatto da parte per rispetto, che abbia lasciato fare al suo protagonista.
Scompare lo stile tipico del regista, lascia spazio ai due protagonisti, anche se Helen Mirren non è al suo meglio e viene anche lei adombrata da quell’uomo dai capelli d’argento. Se non sapessimo che è stato Virzì a dirigere, e che anche la sceneggiatura e molte maestranze sono italiani, sembrerebbe un tipico road indie movie a stelle e strisce, con il gran pregio di non essere un film cartolina, l’ennesimo che “vende” il mito della Route 66.
Non sorprende che alla Mostra del cinema di Venezia la critica estera sia stata tiepida: dai nostri autori ormai si aspettano uno stile decisamente più personale – anche se a volte vogliono vedere solo il cliché. Eppure il discorso personale c’è, ed è sempre legato alla sensibilità di Paolo Virzì. Sembra quasi dare un ulteriore spunto di riflessione sulla dignità di poter morire come meglio si crede, con i figli che rappresentano un accanimento e una pretesa superiorità pratica. Andarsene con dignità, questo è lo scopo di Ella & John, possibilmente insieme. E il rispetto per questa dignità è forse il più grande atto d’amore che si possa fare.