Quando si arriva a un punto della carriera di un autore in cui, guardando l’insieme della sua opera, si comprende il disegno che l’ha guidata, si riesce a dare un senso anche a film che in prima battuta potevano sembrare produzioni minori e alimentari.
Con i fratelli Coen è successo anche troppo spesso, causa la quasi irritante apparente inedia che li caratterizza, bravi a sfruttare solo una minima parte del loro talento per timbrare il cartellino e mettere in cascina quanto necessario per garantirsi l’indipendenza di cui abbisognano in altri casi.
Come per A proposito di Davis
Tappa importantissima nel percorso cinematografico di questi fratelli terribili, ormai sulla breccia da trent’anni e autori di opere di culto come Il grande Lebowsky, Barton Fink o Crocevia della morte, soprattutto perché permette dei collegamenti fondamentali e vedere con chiarezza il loro quadro generale, anzi, l’affresco, sull’America di ieri e di oggi.
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Llewyn Davis è un Enea americano, non a caso di origini europee, gallese e italiano, che vaga di porto in porto, ovviamente, in quanto marinaio, alla ricerca di un senso, che probabilmente neanche esiste. Un cantore, anzi, cantautore maledetto, precursore di un’epoca alle porte e in ritardo su quella precedente, portatore di una malinconia premonitrice, quella che avrebbe accompagnato i dieci anni successivi degli Stati Uniti.
Llewyn è l’erede dell’Everett McGill di Fratello, dove sei?
E non potrebbe essere altrimenti, essendo questi Ulisse e dall’ugola d’oro, ma se in quell’epica era la speranza a farla da padrona, qui c’è invece solo nichilismo.
Mattatore assoluto è Oscar Isaac, attore dall’enorme talento che riempie lo schermo per tutto il film con la sua aria dimessa e sofferente, davvero eccezionale nel portarsi addosso un fardello che ad altri, dopo di lui, sarà lieve. Justin Timberlake, Carey Mulligan e Garrett Hedlund sono ombre funzionali, John Goodman un povero diavolo, la musica naturalmente co-protagonista, ed è impossibile non pensare al nipote di Llewyn, che come lui sarebbe venuto dal New Jersey un po’ di anni dopo, cantando di strade su cui fuggire, fiumi in cui annegare e uomini di nome Tom Joad.
A proposito di Davis è un grande romanzo americano
Come non se ne vedevano da tempo, con il respiro di un’opera di DeLillo e la rabbia di un Holden ormai sconfitto, una storia da vedere, assimilare e raccontare, soprattutto per ricordare a chi costruisce sogni di non mollare mai, perché la linea tra la gloria e il rimpianto è sottile. E sempre dolorosa.