Tak Fujimoto
La rabbia giovane (Badlands, 1973)
Già all’esordio l’essenza dell’estetica del cinema di Malick viene settata da quello che poi diventerà il direttore della fotografia preferito da Jonathan Demme. L’eleganza dell’immagine viene data dalle fonti di luce interne all’inquadratura, dall’attenzione ai dettagli, dai primi piani in ombra. Magnifico l’uso della profondità di campo per lasciar perdere i due protagonisti in una natura vergine e sterminata. L’abbraccio del bosco contro lo straniamento delle grandi pianure, rappresentato al meglio da poche, precise dominanti cromatiche.
Néstor Almendros
I giorni del cielo (Days of Heaven, 1978)
Grazie al direttore della fotografia più importante della Nouvelle Vague francese avviene un prodigio cinematografico: il film è quasi interamente girato all’alba e al tramonto, in modo da avere il cielo sempre bianco e nessuna vista del sole. Almendros utilizzò un nuovo negativo della Eastman ultrasensibile, che garantì immagini chiarissime anche in situazioni di luce così particolari. Il risultato è immagine che diventa poesia. Almendros vinse l’Oscar, l’unico fino ad ora della filmografia di Malick.
John Toll
La sottile linea rossa (The Thin Red Line, 1998)
Tre dominanti cromatiche principali: il verde incontaminato della natura (costante del cinema di Malick), il grigio dell’essere umano/soldato, il bianco luminoso dei raggi del sole che attraversano gli alberi. John Toll combina questi tre elementi nel film visivamente più leccato del regista, dove la luce entra nell’inquadratura in maniera più invasiva. Il risultato è formalmente preziosissimo, e riesce nell’incredibile intento di raccontare per immagini distaccate e bellissime l’orrore della guerra.
Emmanuel Lubezki
The New World (id., 2005)
Il più talentuoso dei direttori della fotografia della sua generazione sceglie in accordo col regista di girare (quasi) tutto il film con luce naturale, oppure con l’ausilio di candele per gli interni. Niente dolly o altri movimenti, tranne macchina a mano e steadycam. Tutto a fuoco. Il film più realistico di Malick è una sfida tecnica degna del Dogma scandinavo, vinta da Lubezki con la sua straordinaria capacità di cogliere luce, sfumature, colori nitidissimi. Altro prodigio cinematografico.
Adriano Ercolani