Il cinema sportivo non è mai stata una specialità del cinema italiano, come molte altre derive di genere. Scavando nella memoria si contano sulle dita di una mano i film degni di nota ambientati su campi da giochi o simili, ci provò anni fa Pupi Avati con Ultimo minuto, ma non fu un Regalo di Natale, molto meglio fece Luca Lucini con Amore, bugie e calcetto, dove il cinque contro cinque era metafora dell’uno contro uno. Per il resto poco altro e in attesa dell’esordio alla regia di Claudio Amendola, dove protagonista sarà nientemeno che il carling, sorprendiamoci per la presenza alla 70. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia di ben due opere a carattere ludico, Il terzo tempo, in cui è il rugby a farla da padrone, e L’arbitro.
Film d’esordio di Paolo Zucca, evento d’apertura delle Giornate degli Autori, questo piacevolmente anacronistico racconto in bianco e nero narra le gesta di un giovane e ambizioso fischietto internazionale il cui destino si legherà inaspettatamente a quello di due sgangherate compagini delle categorie molto inferiori dell’entroterra sardo. Tra malcostume e ataviche tare antropologiche, ne viene fuori un grottesco affresco di due culture, quella isolana e quella italica, altrettanto becere e dalla memoria corta.
Opera di non facile costruzione narrativa, L’arbitro ha proprio nell’equilibrata sceneggiatura il suo punto di forza, palleggiandosi senza problemi tra il dorato mondo del professionismo e i campacci in pozzolana del nuorese, tratteggiando i personaggi con attenzione e inserendo le sottotrame senza voli pindarici, ma gestendo tutto con una efficace semplicità narrativa. Ne viene così fuori un film lontano dagli schemi nostrani, che strizza furbescamente l’occhio alle sperimentazioni lontane di Ciprì e Maresco stemperandone il grottesco, scelta che si rivela vincente e che aiuta anche gli interpreti Geppi Cucciari, fioraia sedotta e abbandonata, e Stefano Accorsi, che nei panni della sua tormentata giacchetta nera internazionale offre una delle migliori interpretazioni della carriera.
L’arbitro non è un film sul calcio, ma sulle molte strade che può prendere la vita. Proprio come una partita di pallone.