Il vino fa bene. Se è buono meglio, ma se avete la fortuna di conoscere qualche italiano di confine, goriziani o udinesi, sapete anche che il vino è buono sempre e comunque e che la grappa deve avere due caratteristiche: deve essere bianca e deve bruciare. Filosofie dalle quali è difficile prescindere, lo sa bene Matteo Oletto che nella sua opera prima, Zoran – Il mio nipote scemo, racconta una delle tante storie di quei luoghi così lontani e così vicini.
Paolo, quarant’anni, fa il cuoco in una cooperativa. Divorziato, ancora innamorato della moglie che gli ha preferito il suo capo, dedica il suo tempo a odiare il mondo e al bianco della cantina sociale di zona, oltre che a sfuggire alla municipale che, per ragioni assurde, potrebbe fermarlo per guida in stato di ebbrezza. Finché un giorno non bussano alla sua porta per dirgli che deve passare il confine e prendere un’eredità in Slovenia, che scopre essere un nipote quindicenne non proprio sveglissimo, ma con insospettate qualità, non ultima quella di essere molto più adulto e responsabile di lui.
Commedia dalle molte sfaccettature e scritta con un respiro molto più british che italiota, Zoran – Il mio nipote scemo è una delle più gradevoli sorprese cinematografiche degli ultimi anni, film che riesce a raccontare una realtà di provincia con leggerezza e affetto, senza però trascurare la drammaticità di tradizioni che spesso annichiliscono la persona sotto forma di bicier.
Giuseppe Battiston è un magnifico protagonista, finalmente, e il giovane Rok Prasnikar una spalla perfetta, una coppia degna del miglior Ken Loach. Attorno a loro ottimi caratteristi, da Teco Celio a Roberto Citran, ma soprattutto c’è la terra di confine e quella continua sensazione di non sapere dove mettere un piede o l’altro, se tenerli fermi o farli andare veloci, per scappare lontano. O tornare più in fretta.
Prosit.