I sensi di ragno dicono che quando i sequel vengono messi in mano a persone di talento, allora esiste la speranza, neanche tanto remota, di non restare delusi. Meglio ancora se parliamo di supereroi fumettistici. È stato così per la seconda avventura degli X-men, lo stesso vale per Spider-man 2.
Squadra che vince non si cambia, soprattutto perché Sam Raimi era già riuscito nel primo film dell’Arrampicamuri a dare al personaggio quella profondità e quel tormento che era la caratteristica vincente della serie a fumetti. Peter Parker era, infatti, il vero supereroe con i superproblemi e il regista di The Gift era riuscito a infondere questo tormento nella genesi del personaggio.
Spider-man 2 sviluppa la psicologia del giovane combattuto
Tra una vita normale e le responsabilità che i suoi poteri gli impongono. Se a questo aggiungiamo un ulteriore arricchimento dei personaggi di contorno, il risultato conseguente non può che essere soddisfacente. Naturalmente, quando si fa un film tratto da un fumetto così amato da milioni di lettori, bisogna fare attenzione a una quantità enorme di particolari, così da non fare arrabbiare i fans più accaniti.
L’iconografia motoria di Spider-man resta quindi quella fedele che abbiamo visto nel primo film, assecondata da una regia sempre estremamente dinamica e da un uso delle tecniche digitali perfettamente integrato con l’utilizzo, ormai considerabile tradizionale anche nel cinema statunitense, dei cavi. Un mix che restituisce sullo schermo un livello di credibilità elevatissimo e che aiuta quindi a rendere l’esperienza della visione ancora più completa.
Una volta catturati da questa New York in cui la tela del ragno è una presenza indispensabile, tutto il resto ci appare assolutamente normale, proprio come durante la concentrata lettura di un albo della Marvel (o della Corno, per i nostalgici che hanno iniziato nei ruggenti anni Settanta).
La rivoluzionaria invenzione del Dottor Octopus (modernizzato per ragioni di marketing in un ben meno affascinante Doc Ock) ci appare come qualcosa di assolutamente normale, dalla spiegazione alla realizzazione, così come naturale ci sembra la sua trasformazione, motivata oltretutto da ragioni degne di un melò della miglior fattura, genere peraltro assai caro a Raimi.
Se c’è qualcosa che possiamo rimproverare a Spider-man 2 è l’evoluzione troppo rapida della storia d’amore tra Peter e M.J., relazione che nella serie regolare era ben più tormentata e sfaccettata, oltre che trattata con dialoghi meno banali.
Di contro, però, abbiamo un notevole incremento delle sequenze d’azione
Tra le quali spicca un fantastico duello in, sulla e nei pressi di un treno della metropolitana, davvero memorabile. Tanto per ricordarci che Raimi è un regista totalmente padrone del mezzo cinematografico, oltre che un ottimo direttore d’attori.
Tobey Maguire si cala benissimo nei doppi panni dell’eroe mascherato, soprattutto perché, in questo secondo episodio, spesso il costume manca della sua maschera, a conferma del fatto che i numeri due sono i film della rivelazione (vedi Superman e Batman), mentre Kirsten Dunst lavora molto sul suo personaggio, più co-protagonista che comprimaria. Ma, sebbene Alfred Molina sia un villain di grande spessore, la piacevole sorpresa è James Franco che nei panni del giovane Osborne offre alla serie una continuità rispetto al fumetto assai apprezzabile, facendo sperare in una terza puntata davvero esplosiva.
Spider-man 2 è uno di quei rari prodotti di puro intrattenimento che riesce a essere un’opera cinematografica ricca di riferimenti dotti e girata con un gusto classico del racconto che deriva senz’altro dall’origine fumettistica, ma anche dallo stile inconfondibile di Raimi, regista che ha più volte dimostrato di aver raccolto un’eredità che molti suoi colleghi, più o meno coetanei, considerano inutile vecchiume, preferendo cimentarsi in qualcosa che si allontana ogni giorno di più dal cinema vero.
Visti i presupposti, quindi, ben venga l’Uomo Ragno di Raimi, strizzando un occhio a Lubitsch.