C’è da chiedersi se è un bene o un male che Kenneth Branagh abbia rinverdito i fasti di un grande film come Sleuth, conoscendo gli eccessi e i compiacimenti in cui facilmente cade l’attore e regista inglese. Ma di una cosa decisamente siamo contenti: avere l’occasione di parlare di uno dei grandi della storia del cinema che troppo spesso viene dimenticato. Parliamo di Joseph Mankiewicz, un regista che nella sua carriera ha girato film come, in ordine sparso, Eva contro Eva, Cleopatra, Uomini e cobra e, per l’appunto, Gli insospettabili, il suo ultimo, magnifico gioiello.
Diretto nel 1972 e tratto dal romanzo omonimo di Anthony Sheffer, autore anche della sceneggiatura, Sleuth è un kamerspiel giallo che racconta la lotta intellettuale tra un anziano e demoniaco scrittore della provincia inglese e un giovane rampante cockney, favorito della moglie del vetusto antagonista che, per risolvere senza problemi, soprattutto economici, la disdicevole situazione, propone al giovane stallone un accordo che si rivelerà pieno di sorprese.
Chi ha visto il film (o vedrà il remake) non ha bisogno che gli rovini le molte sorprese di questo magnifico plot raccontandole qui. Più importante è invece una riflessione: Gli insospettabili è un piccolo capolavoro dimenticato, fino a questo momento neanche disponibile in dvd in Italia (c’è invece una bella edizione inglese, ricca di contenuti speciali) e comunque degli di una rivalutazione, soprattutto perché attualissimo. La lotta intellettuale senza esclusione di colpi tra il giovane parrucchiere immigrato (è di origine italiana) e l’anziano e ricco scrittore inglese purosangue, rispecchia perfettamente l’Inghilterra odierna, con le sue differenze sociali, con il poco rispetto reciproco che c’è tra le diverse generazioni, con la lotta di classe che sta prendendo piede con atteggiamenti sempre più esasperati, quando non addirittura violenti, fino all’intolleranza che proprio nella patria dell’integrazione perfetta sta invece scoppiando, aprendo un vaso da pandora faticosamente sigillato già da molti anni.
Una situazione che si ritrova anche qui a casa nostra e per la quale abbiamo tristi conferme quotidianamente sui giornali. Mankiewicz, autore dalla sensibilità non comune, aveva perfettamente capito la potenza della piece di Sheffer, aggiungendovi anche delle raffinate sfumature sessuali (la tensione omoerotica tra i due protagonisti è quanto mai tangibile) che in qualche modo riescono ad amplificare la potenza del messaggio sociale e politico.
Non ce ne voglia Mr. Branagh, al cui film auguriamo ogni bene, ma ci piacerebbe sapere che frotte di appassionati vadano a recuperare anche l’originale, dando al cinema classico la degna attenzione che gli va accordata, riflettendo su quanto da lontano arrivino dei problemi che stanno diventando ogni giorno sempre più gravi.