Samuel Ratchett. L’uomo che viene trovato morto, colpito da dodici coltellate, in uno scompartimento dell’Orient Express. Richard Widmark fu straordinario nella versione di Sidney Lumet del romanzo di Agatha Christie. A breve Ratchett tornerà, con il volto di Johnny Depp. Guarda caso, uno che di scheletri nell’armadio ne ha, dai debiti favolosi che ha contratto in questi anni, alle presunte percosse nei confronti della moglie Amber Heard. Guarite con un lauto assegno, come spesso accade in quel di Hollywood.
Sembra abbia fatto ricorso a questa pratica soluzione anche Harvey Weinstein, per convincere alcune donne a non rivelare i particolari dei suoi incontri con loro. Incontri fugaci e non graditi. Insomma, la bomba è scoppiata, Harvey Weinstein è un violentatore seriale. O meglio, presunto, perché finché una giuria non lo condannerà con prove schiaccianti, certo non lo farò io, e non dovrebbe farlo nessun altro, se non quelle donne che effettivamente hanno subito violenza. E che adesso, dopo avere rivelato quanto accaduto loro, ne stanno subendo altre, quelle dei social e della stampa becera che le accusa di ogni malefatta, a partire dall’essersela cercata per arrivare più rapidamente al successo. Vomitevole, a dir poco, ma non è di questo che voglio parlare.
È Mr. Ratchett il mio interesse. Un uomo spregevole, che ha fatto soffrire molte persone, pensando di restare impunito grazie ai suoi soldi e al suo potere. E invece, alla fine, è arrivato il conto. Sotto forma di una giuria auto eletta di sue vittime che si trasformano in carnefici.
Non mi sembra ci voglia molto per capire che l’affaire Weinstein è la più classica delle vendette, orchestrata ad arte, magari proprio ispirata dall’imminente uscita della nuova versione cinematografica di quella meravigliosa storia della signora Christie. Mi immagino la scena. Un consesso segreto, tenutosi in qualche lussuosa villa di Hollywood, in cui si decide che “quel porco figlio di puttana finisce qui”. Si trova un giornalista ben motivato a raccontare la storia e che conosca bene l’ambiente, che so, il figlio di Mia Farrow per esempio, che tira fuori un’inchiesta con i fiocchi su uno dei giornali più rispettati d’America. Ed ecco che inizia la reazione a catena. Un colpo inferto dietro l’altro. Gwyneth, Asia, Angelina, Lea, Kate, tutto hanno subito aggressioni da laido produttore. Arrivano a raffica, e sono sicuramente tutte sincere, d’altronde le voci che giravano su di lui le conosceva tutto il mondo del cinema. Per questo molti commentatori esimi del momento dovrebbero evitare di cadere dal pero nel manifestare il proprio sdegno. Come Meryl Streep, divina e meravigliosa, che ha vinto il suo terzo Oscar esaltando la figura, indegna altrettanto, della signora Margaret Thatcher in un film, brutto, prodotto da Mr. Weinstein.
Ma poco importa, perché fino a questo momento il piano è perfettamente riuscito, anzi, sta andando meglio del previsto, perché ci sono delle Casualties of War (cito Brian De Palma per ricordare la fantastica retrospettiva del prossimo Torino Film Festival) eccellenti.
Ben Affleck, il ragazzo che tanto deve a Mr. Miramax, che gli ha fatto vincere un Oscar insieme all’amico fraterno Matt Damon. I tre si conoscono da vent’anni, posssibile che voi non sapeste niente? E comunque, l’alcolizzato e fedrifrago Ben ha toccato seni e sederi a tradimento, ed è arrivato il momento di dirlo. E altre rivelazioni di un mondo basato sul sesso come merce di scambio stanno arrivando, e altre ne arriveranno, per denunciare chi si approfitta del proprio potere sfruttando le speranze e i sogni altrui.
Ora, la domanda da porsi è: cosa sta davvero succedendo? Negli anni ’20 fu Fatty Arbuckle, il comico accusato della morte di una giovane cantante a seguito di un presunto stupro, ad aprire il vaso di Pandora (Fatty fu assolto alla fine, ma la sua carriera era ovviamente finita). Quell’episodio portò alla creazione del Codice Hays, ovvero il manuale di autoregolamentazione morale di Hollywood. Una manna che permise ai grandi registi dagli anni Trenta fino ai Sessanta di aggirarlo con sotterfugi di regia e di sceneggiatura rimasti nella storia del cinema (Lubitsch gli deve tanto, senz’altro molte risate). Oggi non si arriverà a tanto, anche perché l’impressione è che l’occasione verrà sfruttata per tagliare rami, e per niente secchi, solo scomodi, che stanno facendo troppa ombra. Poi ci possono essere anche tanti retropensieri, c’è chi ha addirittura detto che sia stato tutto orchestrato da Trump per minare la credibilità della lobby cinematografica, sua più strenua oppositrice. Fermo restando che in quest’epoca folle non ci vedrei niente di così assurdo, considerando anche i rapporti di amicizia tra Weinstein e le ultime due amministrazioni democratiche. Hilary Clinton ha ricevuto 1.5 milioni di dollari da Weinstein per la sua campagna elettorale, la figlia di Obama ha fatto uno stage presso The Weinstein Company e Michelle ha più volte rilasciato dichiarazioni di miele nei confronti di Harvey. A dirla tutta, non sono cose che fanno bene ai democratici, soprattutto il loro violento sdegno a posteriori.
Ma io preferisco pensare che stiano accoltellando Mr. Ratchett. Il problema, però, è che Ratchett muore. Harvey è vivo. E non credo vorrà andare a fondo da solo.
Hollywood sta per scrivere la sua migliore sceneggiatura da molti, molti anni a questa parte. Speriamo l’abbiano data in mano a un buon regista.