Flowers for Algernon era un bellissimo romanzo di Daniel Keyes che raccontava, attraverso le memorie di un Guinea Pig umano, i progressi di un farmaco creato per migliorare le capacità intellettive. Charlie Gordon era il nome della cavia, dal romanzo sarebbe stato poi tratto un bellissimo film che in Italia è noto come I due mondi di Charlie, con un monumentale Cliff Robertson, meritatissimo Oscar per la sua interpretazione. Cosa che non successe a Bradley Cooper per il decisamente più pop Limitless (e neanche a Maccio Capatonda per Italiano medio, parodia di quest’ultimo), ma ciò che accomuna i film che trattano quest’argomento, ovvero un cervello troppo affilato da gestire, sono le infinite implicazioni morali da affrontare.
Avere una mente completamente aperta, lucida, analitica, significa azzerare le convenzioni sociali, perseguendo sempre ciò che è più logicamente corretto. Questo vuol dire, generalmente, risolvere I problemi evidenti soppesando gli eventuali danni successivi sempre e comunque come collaterali. Questo significa che nessuno con un minimo di sale in zucca bombarderebbe la Corea del Nord, perché le conseguenze sarebbero di gran lunga peggiori della soluzione, tanto per fare un esempio. Ma avrebbe senso uccidere un uomo che provoca sofferenza a molte persone per estirpare il cancro.
Scenari affascinanti, filosoficamente parlando, ma non è il caso di andare a scomodare esimi pensatori per parlare de Il libro di Henry.
Henry è un ragazzino geniale, quoziente intellettivo siderale e unico sostegno di una mamma che senza di lui sarebbe White Trash e di un fratellino che decisamente non ha avuto lo stesso dono dalla natura. Non è un nerd e sa cosa sono le ragazze, in particolare la sua vicina di casa e compagna di scuola, che però nasconde un terribile segreto. Per cui Henry ha già trovato una soluzione. Ma purtroppo non potrà risolvere lui il problema.
Diretto da Colin Trevorrow e scritto da Gregg Hurwitz, Il libro di Henry è una storia nata con enormi potenzialità, soprattutto grazie alla quantità di dilemmi etici che pone. Purtroppo quasi tutto si perde nella sua realizzazione, spezzando il film in due segmenti di genere, il primo in cui vediamo la classica storia del ragazzo prodigio, e la seconda un noir che potrebbe essere a tinte fortissime, ma che viene invece edulcorato, anche malamente, perché di fatto parliamo di un family movie.
Il libro di Henry è un film eticamente controverso nella sua stessa essenza.
E pur nel suo essere sbagliato, questo lo rende quasi affascinante, soprattutto per quello che sarebbe potuto diventare e per il dibattito che avrebbe generato. Trevorrow invece appiattisce tutto e manda avanti la storia stancamente, cinematograficamente parlando, salvato dalle belle interpretazioni di Jaeden Lieberher (già bravissimo in It), del fenomenale Jacob Tremblay (lo vedremo presto, eccezionale, in Wonder) e di una sempre piacevolissima Naomi Watts, mamma coraggio.
Sarebbe stato bello leggerlo più a fondo il libro di Henry.
Avremmo probabilmente trovato risposte che non ci sarebbero piaciute a domande che evitiamo di farci.