Stalin è morto, e anch’io non mi sento tanto bene. Battuta classica, ma si sa, la maniera migliore per prendere le cose sul serio e farci sopra una bella risata. Come fa Armando Iannucci, scozzese partenopeo, sceneggiatore dalla scrittura graffiante, intelligente e divertente. Vedere le sue serie per la BBC per credere, soprattutto creatore di quel gioiello di Veep, in cui si ricorda al mondo che straordinaria donna e attrice sia Julia Louis-Dreyfus.
Una satira eccezionale sul potere, la storia della vice-presidente incompetente, tratta dalla serie inglese dello stesso Iannucci The Thick of It. E dato che sull’argomento è ferrato, perché non immaginare cosa accadde a Mosca nella notte tra il 1° e 2 marzo 1953, quando il compagno Iosif Stalin, segretario generale del partito comunista sovietico e dittatore, come riportato sulla carta d’identità, ebbe l’emorragia cerebrale che lo portò al decesso, registrato il 5 marzo? Attorno a lui tutti i suoi più stretti collaboratori, pronti a raccogliere, in un modo o nell’altro, l’eredità di uno dei padri della rivoluzione.
Il potere, questa bestia feroce, porta le persone a compiere atti assurdi, per assicurarselo e per esercitarlo.
Azioni quasi sempre efferate, giustificate come necessarie per un bene superiore, di fatto inutili e dettate solo dall’ambizione e la follia che ne segue. Iannucci racconta la Storia e i processi, in tutti i sensi, immediatamente successivi, con uno stile da situation comedy, con tanta comicità slapstick, dialoghi surreali, situazioni tanto paradossali quanto perfettamente plausibili, arrivando maieuticamente poi al lato più oscuro, messo in scena con agghiacciante asciuttezza, così come la sete di vendetta con crudele realismo.
Morto Stalin, se ne fa un altro, tratto dalla notevolissima graphic novel di Fabien Nury La morte di Stalin, è un film magnificamente scritto, diretto e soprattutto interpretato, da un cast eccezionale, a partire da Steve Buscemi, assolutamente perfetto nei panni di Nikita Kruscev. E poi Jeffrey Tambor, Andrea Riseborough, Michael Palin, Jason Isaacs, Rupert Friend, una gara di bravura in cui è difficile decretare un vincitore.
Sul gradino più alto del podio sale la cosa più importante: la Storia, quella che ciclicamente si dovrebbe ripassare, per chi l’ha studiata, e conoscere se la si ignora.
Morto Stalin, se ne fa un altro fa il suo dovere soprattutto in questo senso.
Perché ridere di gusto della morte di un uomo responsabile del massacro di milioni di russi durante la sua dittatura, fa venire voglia prima di tutto di ricordare come e perché tutto questo sia avvenuto. Sapendo che l’unica risposta che forse potremmo trovare è quando. E potrebbe voler dire domani.