Ha diretto una delle migliori trasposizioni cinematografiche di Orgoglio e pregiudizio, e ultimamente, con poca fortuna, ha fatto un viaggio verso l’isola che non c’è, dirigendo Hugh Jackman e Rooney Mara in Pan. Un discreto fiasco, che lo ha segnato, e forse ci voleva un progetto altrettanto ambizioso come L’ora più buia per farlo risalire rapidamente in sella. Scommessa vinta, almeno alla luce del Golden Globe guadagnato da Gary Oldman per la sua straordinaria interpretazione del carismatico primo ministro britannico. Abbiamo incontrato Joe Wright a Londra, per parlare del suo Winston Churchill.
Mr. Wright, perché proprio un film su Churchill?
Perchè è una figura straordinaria, con un’energia contagiosa, una velocità di pensiero e di azione impressionante, e anche se ha commesso molti errori, ha avuto idee e preso decisioni geniali che hanno cambiato la Storia. Caratteristiche che lo hanno poi portato alla depressione avanti negli anni, perché sono venute a mancare. Ma anche in quel caso ha avuto la lucidità di capire cosa stesse succedendo.
Dev’essere stata una grossa responsabilità portare sullo schermo un’icona simile.
È una domanda che mi hanno fatto anche per Orgoglio e pregiudizio, ma la risposta è la stessa. Bisogna dimenticare la materia che si sta trattando e concentrarsi sui dettagli, della storia o del personaggi. Sono i dettagli a salvarti in questi casi, non restare in contemplazione del monumento che hai di fronte. E da quegli elementi mattone per mattone, costruisci quello che hai in mente.
L’ora più buia è un film politicamente molto importante in questo preciso momento storico.
Ho iniziato a lavorare sul film nel gennaio del 2016 e allora certamente non potevo immaginare tutto quello che sarebbe successo. Poi è arrivata la Brexit, il governo May, la presidenza Trump, la crescita dei nazionalismi europei, e ammetto che c’è stata la tentazione di investire il film di una responsabilità maggiore, ma mi sono reso conto che sarebbe stato un errore. Non era quello che volevo per L’ora più buia.
E cosa voleva esattamente?
Raccontare la storia di un uomo con cui in qualche modo ero entrato in connessione. Pieno di dubbi, con un grande senso dell’umorismo che gli ha permesso di andare avanti, nonostante avesse commesso molti errori nella sua vita, fino ad avere il coraggio, o forse l’incoscienza, di fare una cosa che si sarebbe rivelata incredibilmente giusta. Supportata oltretutto dalla sua più grande qualità, la straordinaria maestria dialettica e retorica.
Ha provato molto con Gary Oldman per raggiungere un tale livello di realismo?
Abbiamo preparato il film per circa sei mesi, e una delle prime cose su cui abbiamo iniziato a lavorare è stato proprio il trucco. Questo mi ha permesso di poter lavorare con Gary molto a lungo, perché doveva essere presente a tutte le prove e ne approfittavamo per lavorare sul personaggio. Prima di tutto sul respiro di Churchill, perché essendo un gran bevitore e fumatore di sigaro, aveva una respirazione particolare. Poi siamo passati alla cammminata, che doveva essere sicura ed energica, quindi alla voce. Gary mi mandava dei messaggi vocali sull’iPhone con le prove del discorso e abbiamo lavorato molto su quei test. È stato tutto un work in progress, e quando siamo arrivati al momento in cui dovevamo effettivamente provare, ci siamo potuti concentrare esclusivamente sulle scene e la loro costruzione, perché il personaggio ormai era plasmato.
Com’è Gary Oldman sul set?
Magnifico, soprattutto per un regista. Inizialmente pensavo avrei dovuto mettergli a disposizione uno staff dedicato, ma non c’è stato alcun bisogno. Gary ha le sue persone di fiducia e ama essere indipendente quando lavora. Inoltre sa cosa vuol dire fare il regista, l’unico film che ha diretto oltretutto, Niente per bocca, è bellissimo. Non ho mai dovuto spiegargli quindi perché volevo girare in un determinato modo, o perché volevo che la macchina si muovesse in una certa direzione e velocità. E questo è di grande aiuto quando sei sul set.
Certo che è stato un gran rischio, il make up può essere un’arma a doppio taglio.
È vero, ho deciso che si poteva fare guardando quel film con Johnny Knoxville in cui fa il nonno bastardo. Il make up era eccellente e ho capito che potevamo farlo anche noi. L’ispirazione talvolta arriva dai posti più strani.