À l’origine… Ci sono delle storie che se le racconti…
Come quella di quel tizio, un ex galeotto che uscito di prigione, invece di trovarsi un lavoro, ricomincia a vivere d’espedienti e a truffare la gente in giro per il paese. Un giorno gli capita di arrivare in un paesino nel nord della Francia dove la società di costruzioni per cui si spaccia dipendente ha mollato i lavori di un’autostrada mandando a spasso un quarto della popolazione locale, ormai disperata per la disoccupazione dalla quale non vedono via d’uscita. Questo tipo cerca di sfruttare l’occasione e convince tutti d’avere avuto mandato di ricominciare i lavori. Come si usa in questi casi si fa corrompere, fa i debiti per non pagare i fornitori, fa iniziare i lavori e scopre di volere a questa gente e a quella strada che parte dal nulla e va verso il nulla, che forse è la prima cosa buona che fa nella vita. E decide di volerla finire, quella strada.
À l’origine: una storia vera
Che storia, eh? Bene, è una storia tanto incredibile da essere vera e Xavier Giannoli, regista e sceneggiatore francese, ha pensato di trarne un film che si è anche conquistato la selezione ufficiale e il concorso del Festival di Cannes 2009. À l’origine è una parabola di redenzione, un racconto sociale e la cronaca di una magnifica ossessione di un uomo con un passato che vorrebbe dimenticare e un futuro che probabilmente non arriverà mai.
À l’origine: recensione
Paul/Philippe è un personaggio romantico all’inseguimento di un sogno, sapendo che quella potrebbe essere l’unica traccia che potrà lasciare di sé su questa terra e Giannoli non si lascia sfuggire di disegnare su uno straordinario Francois Cluzet un ruolo che sembra uscito dalla poetica di Werner Herzog. L’autostrada è come il battello di Fitzcarraldo o l’irraggiungibile picco di Grido di pietra, ma il regista francese ha l’abilità di costruire una sceneggiatura che lavora su diversi piani, raccontando la disperazione di un uomo che non ha buttato la sua vita e che ha l’illusione di poterla avere indietro aiutando gli abitanti di questo paesino colpito dalle razionalizzazioni senza cuore del capitalismo. Tutto questo unito a una drammatizzazione della storia molto efficace, inserendo le storie di contorno della giovane segretaria e del marito sbandato che a Philippe ricorda lui da giovane, e della signora sindaco del paese, affascinata da quest’uomo capace di regalare un sogno ai suoi cittadini. Giannoli equilibra molto bene tutti questi elementi, facendo emozionare lo spettatore che partecipa subito in maniera appassionata alla folle impresa di Philippe, giocando con l’emotività dei personaggi senza però mai tirare la corda più del dovuto, evitando quindi di cadere nel patetico per strappare la lacrima a tutti i costi. Al contrario, riesce a fare di questa tragedia umana una storia epica, dal respiro molto americano e che tiene benissimo le due ore e venticinque di durata affatto eccessiva.
Girato con mano sicura, sebbene senza particolari invenzioni registiche, À l’origine ha l’enorme merito di avere un ritmo perfetto, sempre incalzante, nel quale gli attori si calano con straordinaria intensità. Francois Cluzet è a dir poco eccezionale nei panni del protagonista, regalandoci un’interpretazione memorabile con la quale costruisce un Philippe che si trasforma lentamente ma inesorabilmente, consumato dal desiderio inspiegabile di portare a termine quella strana follia di costruire la retta via che ha smarrito. Emmanuelle Devos è il sindaco innamorato, Gerard Depardieu il vecchio socio che spunta dal torbido passato e la giovane Soko la segretaria tuttofare, vera rivelazione del film, un volto da tenere d’occhio.
À l’origine è un film assolutamente da vedere che con una regia più audace avrebbe sfiorato il capolavoro, ma che è comunque un’opera che fa anche molto riflettere sui molti significati della vita in modo profondo e non è poco.