Resta con me è la vera storia di Tami Holdam, una sopravvissuta che come tale può permettersi di essere un esempio di grande ispirazione. Lo è stata per Baltasar Kormakur, regista islandese che da anni va dove lo porta il vento, in questo caso dalle vette innevate dell’Everest ai flutti dell’oceano Pacifico.
Resta con me racconta di quando Tami, a soli 23 anni, partì da Tahiti con il fidanzato Richard per portare una barca a San Diego. Nella traversata si imbatterono in Raymond, che era un killer, ma fatto di pioggia, vento a 140 nodi e onde alte come palazzi. La barca venne quasi distrutta, ma restò a galla. Come Tami. E anche come Richard.
Come si scopre guardando Resta con me.
Meglio non svelare di più, anche se il finale è noto, perché il buon Baltasar riesce dove aveva in gran parte fallito con Everest, creando un thriller dell’anima che tiene sospesi fino alla fine. Grazie a una intelligente struttura narrativa, costruita su l’alternanza tra diversi piani temporali, Kormakur apre e chiude un cerchio che è anche, e forse soprattutto, un ciclo vitale. Niente di particolarmente originale o complicato, ma fatto con attenzione e amore per la storia e per i personaggi, e talvolta può bastare.
Resta con me è soprattutto un melò.
E come tale necessita di bravi interpreti, in questo caso di una protagonista assoluta che si carica il film sulle spalle. Vince la sfida Shailene Woodley, una che di talento ne aveva dimostrato da quando era una teenager americana nell’omonima serie. Al cinema l’ha scoperta Alexander Payne per Paradiso amaro, ma ancora di più, e in tutti i sensi, Gregg Araki nel molto sottovalutato White Bird in a Blizzard. Poi hanno cercato di trasformarla nell’altra Jennifer Lawrence, tra saghe fanta-distopiche e amori tragici in chiave teen. Ma la signorina è di una pasta diversa, e lo sta dimostrando. Sam Claflin si mette a disposizione come umile spalla, anche se per questo ragazzotto inglese forse è arrivato il momento di non essere più solo al servizio delle sue partner sullo schermo.
Resta con me non è privo di difetti.
A partire da quello che attanaglia il cinema contemporaneo, l’inutile prolissità che rende faticosa una visione altrimenti più agevole e piacevole. Ma è per fortuna una pecca contenuta e bilanciata da una scrittura e cast. C’è un colpo di scena, che ogni buon film dovrebbe avere, E soprattutto è una di quelle storie che fa riflettere sulla vita almeno per un quarto d’ora. Un lusso di questi tempi.