Nel mondo reale ci sono dei casi, per fortuna più rari di quanto si creda, in cui capita che a un giovane crolli il mondo addosso, che ci si ritrovi improvvisamente soli, senza radici o una vera famiglia alle spalle, magari a dover badare a familiari anziani o fratelli e sorelle minori, magari ad elaborare un lutto inaspettato che lascia chi sopravvive a lottare con il quotidiano.
Queste situazioni limite spesso non vengono raccontate, vuoi per il fastidio che si prova quando si viene guardati come “poverini”, vuoi perché spesso il riso è lo scherno, lo scudo di chi rifugge l’empatia necessaria – e si incontra sovente chi dalle tragedie altrui prende le distanze ridendo.
L’amore leggero di un doloroso passato condiviso
Questo è ciò che racconta Remember Me, melodramma sussurrato come il dolore che non va via con un bagno caldo, lento e dilatato come le lacrime silenziose che piange chi certe solitudini abissali le prova davvero. Ally e Tyler sono due ragazzi così, appena ventunenni, con tragedie più grandi di loro alle spalle, famiglie sgretolate o pesanti che loro devono accudire e non viceversa. Al di là dell’estrazione sociale e saltando a piè pari i mazzi di fiori e i tramonti, i due si incontrano e si rifugiano l’uno nell’altra, perché il resto del mondo non può capire e spesso non è nemmeno disposto a farlo, trovano la calma e un sedativo al tarlo che urla nel cervello di ciascuno in un amore finalmente leggero, finalmente non bisognoso di spiegazioni. E insieme si fanno forza, si sostengono, ricominciano.
Remember me: una piacevole sorpresa
Al di là del valore artistico del film, della capacità di immedesimarsi dello spettatore, fa davvero piacere vedere sullo schermo qualcosa di diverso. In un periodo in cui i film vengono realizzati e promossi soltanto per i moviegoers e lo spartiacque con il cinema d’autore è così spesso da decidere le sorti di molte professioni al cinema legate, trovarsi di fronte a Remember Me, con i suoi tempi lenti ma fluidi, con uno stile tutto all’interno di un genere che viene ormai bistrattato o commistionato, fa capire che il melodramma esiste ancora e sempre, anche quando i più non sono in grado di apprezzarlo. Poco importa se Emilie de Ravin e Robert Pattinson avrebbero potuto far meglio (un po’ troppo enfatica lei, troppo poco lui, ma si bilanciano come i personaggi che interpretano), tanto ci sono i comprimari di altissimo livello, Chris Cooper su tutti, più grandioso del solito, tanto c’è uno script così tragicamente realistico da sembrare assurdo.
Perché a volte è la vita che è assurda, e chi scrive potrebbe raccontarvene un pacchetto di storie così, di persone che semplicemente, forse per volere di una qualche forza superiore (chiamatela destino o chiamatela Dio, a un certo punto poco importa) non hanno il diritto di essere felici. Solo che nella realtà non c’è quella musica al piano carica di tensione ad avvisarti, non c’è quel titolo, “ricordami”, a farti pensare che questo amore in qualche modo debba finire. E la fine arriva, inaspettata e stupida, come stupidi sono i modi in cui la vita spesso si prende gioco di noi e dei nostri sentimenti. E noi non possiamo far altro che star a guardare e ricominciare a cercare il modo per sopravvivere senza impazzire. Ancora una volta e un’altra volta ancora.