Revenge in sintesi: lei è giovane e bellissima, amante di un uomo ricco e altrettanto bello. Nel loro buen retiro arrivano i laidi soci di lui per una battuta di caccia. Uno di loro la violenta. Non potendo comprare il suo silenzio, decidono di liberarsi di lei. Ma non ci riusciranno.
Questa la trama, fino a un certo punto, di Revenge, purissimo exploitation che come tale bisogna accettare a scatola chiusa, sospendendo l’incredulità e godendo di ciò che il genere ha sempre offerto. Quindi violenza, sangue, morti efferate, mutilazioni. Il tutto in un crescendo che regge abbastanza bene, nonostante 108 minuti sin troppo abbondanti per quello che c’è da raccontare. Più giusto forse per quello che non c’è da raccontare.
Revenge, un film femminista?
Nell’epoca del #Metoo, impossibile non considerare la bellissima Jen come il più fulgido esempio di donna guerriera e riparatrice di torti nei confronti del genere femminile tutto. Lineare, come le fin troppo chiare metafore di cui è costellato il film, da un parto con dolore dalla pianta di un piede, alla rinascita dopo essere stata penetrata da Madre Natura, per non parlare della tragedia greca ed Edipo Re. Tutto molto divertente, “Easter Eggs” diverse dal solito, ma che non ne fanno un film femminista. Ma senz’altro un film dalla parte delle donne.
E anche dalla parte del loro essere creature molto più cinematografiche dei maschi. Coralie Fargeat, la regista di Revenge, in quanto donna lo sa benissimo e ne approfitta, soffermandosi assai voyeuristicamente sul corpo perfetto di Matilda Lutz, la giovane attrice e modella italiana protagonista, che non si tira indietro di fronte a niente e che regala una vera e propria performance artistica, mettendosi a completa disposizione della sete di vendetta del suo personaggio.
Revenge è un film per cultori del genere
Soprattutto perché molte scene sono per stomaci abituati all’horror di qualità, e questi spettatori non saranno affatto delusi da un film che ha tutti gli elementi del genere al posto giusto. L’importante è che venga preso per quello che è, non per l’ennesimo manifesto della rivincita delle donne. Perché la violenza sulle donne è qualcosa che neanche il miglior film dell’orrore saprebbe raccontare.