Soldado, il sequel del Sicario di Denis Villeneuve, è un degno seguito del buon film del regista canadese. La cosa che fa più piacere, naturalmente, è vedere una ricca produzione americana consegnata nelle capaci mani di un regista italiano, Stefano Sollima. Che non si è fatto pregare per dimostrare di che pasta è fatto.
Soldado, come tutti i migliori film di genere, ha una trama solida e secondaria.
Ciò che importa è che le cose accadono, continuamente e con un gran ritmo. Ritroviamo i due protagonisti della guerra al cartello della droga messicano, Matt Graver (Josh Brolin) e Alejandro (Benicio Del Toro), a combattere una lotta senza quartiere e senza regole, con la ragion di stato che sempre incombe sulle loro vite. E su quella di una ragazzina, figlia del più potente dei narcotrafficanti, che devono proteggere a qualunque costo, per poterla così usare per raggiungere il loro scopo: vincere la guerra.
Taylor Sheridan, sceneggiatore di Soldado e anche del precedente, non si discosta dallo stile che ha caratterizzato anche i suoi due film da regista fino adesso, gli ottimi Hell or High Water e I segreti di Wind River. Azione essenziale, rapida, violenta e realista, preparata da un profondo lavoro sui personaggi, motore della storia molto più degli avvenimenti, che si dipanano in base alle scelte dei suoi protagonisti. Sono soprattutto i rapporti tra loro e le scelte che da questi derivano i veri colpi di scena, una scelta che rende la narrazione molto più interessante.
La relazione tra Graver e Alejandro è molto più complessa che in Sicario.
Al netto delle facili considerazioni sulla latente omosessualità tra i due personaggi, questo aspetto rende il film più coinvolgente rispetto al precedente, che era formalmente magnifico e perfettamente costruito, ma più freddo, caratteristica oltretutto comune a buona parte del cinema di Villeneuve.
Soldado è invece intriso della passione e del dinamismo di Stefano Sollima, regista che aveva dimostrato da subito che l’Italia, produttivamente parlando, gli stava un po’ stretta. Il passaggio a un cinema più grande gli ha giovato, scrollandogli di dosso un po’ di quell’estetica, raffinata sì, ma eccessivamente seriale, evidente soprattutto in Suburra. Soldado ha invece molti punti di contatto con A.C.A.B., soprattutto per i rapporti tra i personaggi, elemento che Sollima ama anche nel suo cinema e con cui quindi si trova a suo agio.
LEGGI ANCHE: A.C.A.B., Diaz, Romanzo di una strage: stato di Polizia
Come con il genere, d’altronde, che il regista affronta con una maniera personalissima che ricorda i migliori lavori dei fratelli Scott, del compianto Tony in particolare, asciugati però da una frenesia talvolta eccessiva e arricchiti da una gestione dei tempi, fuori e dentro il registro action, che equilibrano perfettamente i diversi piani narrativi ed emozionali.
Soldado è un western
E già per questo va considerato cinema classico a tutti gli effetti. Alejandro è un personaggio che racchiude tanti antieroi del cinema di frontiera, da Shane allo straniero senza nome e William Munny di eastwoodiana memoria, fino al John Wayne del Grinta e, tornando un bel po’ più indietro, di The Three Godfathers.
Tutte cose che rendono la visione non solo piacevole all’occhio, ma anche al cuore, quello del cinefilo, che troppo spesso ultimamente soffre senza ragione.