Three Minutes è il titolo della bellissima mostra fotografica che sta arricchendo pareti e corridoi dell’Auditorium di Renzo Piano durante la Festa del cinema di Roma, che si concluderà il 28 ottobre.
Riccardo Ghilardi è uno dei migliori fotografi del panorama italiano, e non solo. Ritrattista dalla sensibilità non comune, nel corso degli anni ha scattato con i più grandi artisti del mondo del cinema, da Jim Carrey a Viggo Mortensen, passando per Jasmine Trinca, Isabelle Huppert e la compianta Carrie Fisher.
Three Minutes, e non si poteva dire meglio
“Ok Riccardo, you’ve got three minutes”. Non poteva sintetizzarla meglio Ghilardi, la frenesia che da sempre contraddistingue quella strana bestia nota al grande pubblico come “festival”. Basta chiamarlo così, non c’è bisogno di dargli una geolocalizzazione. Dopo tanti anni che si fa questo lavoro l’escursione termica tra Cannes e Berlino ti interessa solo per quello che c’è da mettere in valigia. O per scegliere il posto migliore dove scattare, se sei un fotografo. Ma in generale, la vita è racchiusa dentro camere d’albergo, palazzi del cinema più o meno moderni e accoglienti. Luoghi deputati all’attesa, quella di una telefonata che ti permetta di portare a casa uno scatto, ma non uno scatto qualunque. Quello perfetto, che resta lì.
Three Minutes racchiude tutto questo
Lo si sente dal calore che c’è in ogni ritratto, una lunga carrellata in cui il comune denominatore, per quanto possa sembrare banale, è l’amore. Quello per un lavoro che molti non considerano tale, perché andare in giro per il mondo a rincorrere film, attori e registi non può sembrare un lavoro, ma un piacere. In realtà è una malattia, da cui è
È capitato anche a Riccardo, ma dopo essere stato catturato dal suo obiettivo sai di poterti fidare da lui. Per quell’amore di cui parlavamo prima. Camminare tra i ritratti di Three Minutes è come passeggiare nell’Olimpo, si torna indietro a quel tempo in cui le star del cinema erano divinità irraggiungibili, ancora non banalizzate dai social e dalla violenza decadente del selfie. E nonostante ciò, sono divinità con cui ti connetti, grazie alla straordinaria capacità di Ghilardi di cogliere quella luce nello sguardo, quel gesto che si fissa nell’eternità.
Three Minutes, tre minuti per innamorarsi, di ognuno di loro. Si chiama cinema. Spiegato bene.