Una mastodontica storia d’amore e Guerra, così come la narra Charles Frazier nel suo romanzo. Ritorno a Cold Mountain è la trasposizione, fedele più negli intenti che nelle singole vicende, di ciò che è narrato, forse un po’ meno di quello che si dovrebbe provare alla lettura.
Molta stampa estera ha definito il film ‘il nuovo Via col vento’. Senza cadere in tali esagerazioni e senza scomodare quel capolavoro del melò americano che è il film di Fleming, preferisco considerare Cold Mountain come il tentativo malriuscito di far rivivere un certo tipo di cinema tratto appunto dai romanzi ottocenteschi.
Malriuscito non perché sia passato di moda, superato, ma perché Minghella, da amante della letteratura qual è, non riesce a penetrare le pagine, a trasmettere le emozioni che si trovano fra le righe, limitandosi, come già in passato con Il paziente inglese, al racconto cronachistico e spesso persino episodico dei fatti.
Il cast, cuore di Ritorno a Cold Mountain
Grazie al premio Oscar vinto in passato, il regista ha potuto usufruire di notevoli fondi e ha avuto a disposizione uno dei cast più stellari degli ultimi anni. Solo attori di prima grandezza: l’amico Jude Law, con cui aveva già lavorato per Il talento di Mr. Ripley, e la sempre splendida Nicole Kidman nei panni di Ada, l’aristocratica ragazza di città che viene stregata da Cold Mountain e dalle sue ‘bellezze locali’.
Ada soffre, resiste, respira l’aria malsana delle sue candele, soffoca il dolore e chiude il suo cuore. Poche attrici sarebbero in grado di sostenere una parte del genere senza cadere nel patetico, pochissime reggerebbero un monologo che dice “Io so ricamare, ma non so rammendare; so disporre i fiori in un vaso, ma non so farli crescere. Tutto ciò che ha una qualche utilità era considerato inadatto a me”.
Ma se non si è attratti come me dagli occhi di basilisco di Jude o, per i maschietti, dalla pelle di luna di Nicole, difficilmente si riescono a reggere più di due ore e mezza di sospiri, lettere amorose, villains nascosti dietro ogni personaggio, immagini strazianti di gente mutilata dalla guerra civile e da tutto ciò che viene dopo.
La guerra civile è paradossalmente solo ai margini del racconto: un’unica, durissima battaglia che da sola getta nell’orrore l’intero film. Del resto a montarla è stato Walter Murch, uno che di scene di guerra se ne intende, avendo montato quell’immensa pellicola che è Apocalypse Now. Ma il punto è: come reagisce la gente comune agli orrori?
Protagonisti e comprimari
Per la risposta Minghella deve ringraziare l’intera schiera di comprimari che annovera nomi di attori dal grandissimo talento quali Philip Seymour Hoffman, sempre splendido anche in un ruolo così disgustoso, Natalie Portman, Giovanni Ribisi, Melora Walters e tanti altri. Primi fra tutti Donald Sutherland, nel ruolo del reverendo padre di Ada, e Renée Zellweger, brava come sempre, anche nei panni della contadina volgarotta, ma ancora preferibile in ruoli comici.
Con un cast di livello anche lievemente inferiore, non so se sarebbero servite tutte le dita di una mano per contare i momenti di autentico pathos del film.
Invece il primo bacio fra Ada e Inman, con quelle due bellezze impacciate e divertite, è fresco e adorabilmente romantico; per quanto mi riguarda, è già il Best Kiss meritevole dell’apposito Mtv Movie Award.
Una curiosità per gli amanti della musica: Jack White, del duo White Stripes, canta la colonna sonora ed è anche il disertore canterino di nome Georgia. Magari è un’occasione per vederlo in panni e note diversi…
Per il resto, non so voi, ma io il polpettone lo preferisco con le patate.