La cosa su cui prima di tutto dovremmo riflettere è la seguente: perché George Romero deve essere miracolato per girare un film, mentre a Michael Bay danno 150 milioni di dollari ogni anno per realizzare uno dei suoi superclip da mal di testa? La risposta la trovate proprio in Land of the Dead, quarto film della saga dei morti viventi che è anche un attacco frontale violentissimo alla società e alla politica americana di questo inizio di secolo, anzi, scusate, di millennio.
L’orda sovversiva di zombie questa volta è decisa a rivendicare i propri diritti, vuole sovvertire l’ordine costituito, non essere più carne da macello, insomma, vuole fare la rivoluzione.
Land of the Dead non fa rimpiangere i tre precedenti capitoli.
Lasciando oltretutto intatto il fascino da b-movie nonostante la produzione sia per una volta molto più ricca. Ma i soldi danno alla testa solo a chi non ce l’ha. La testa, intendo. Romero invece dimostra di essere lucidissimo nella sua analisi del mondo americano contemporaneo, mostrando tutti gli orrori, quelli reali, che quotidianamente affliggono gli Stati Uniti, leggi povertà, sperequazione sociale, capitalismo imperante e soprattutto la guerra, quella che sembra lontana ma che in realtà è in casa, tutti i giorni, radicata nell’anima stessa dell’America.
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L’orrore di Romero diventa quindi quanto mai quotidiano, nel senso più letterale del termine, ma allo stesso tempo storicizzato. L’isolamento dei sopravvissuti è lo stesso che il Grande Paese scelse per buona parte della sua giovane storia, fino all’entrata in guerra nel primo conflitto mondiale.
La rivolta degli zombie, questa volta organizzata e guidata da un leader, è una rivisitazione orrorifica della rivoluzione francese o di quella d’Ottobre, con tanto di nobiltà smembrata (letteralmente) dal popolo. L’incredibile attualità di tutto quello che Romero ci mostra contribuisce però a farci gelare il sangue nelle vene molto più delle teste che esplodono e delle viscere e degli arti che fanno da spuntino ai morti viventi.
Non mancano ovviamente gli stilemi classici del cinema di genere che Romero risolve sempre con incredibile semplicità ed efficacia, senza ricorrere ai facili sotterfugi sonori o visivi a cui si aggrappano gli slasher movie ripetitivi degli ultimi anni.
Land of the Dead è vero è proprio cinema classico.
Un western con radici letterarie e storiche potentissime, girato con mano ferma da un regista che ha fatto dell’asciuttezza un marchio di fabbrica. Non un’inquadratura fuori posto, niente che possa anche solo lontanamente sembrare superfluo, Romero ha imparato nella sua lunga carriera di cineasta militante che quando si fa un film non bisogna sprecare niente. E così fa anche per i suoi attori, tutti tasselli perfettamente inseriti in un contesto apocalittico che sembra però anche paurosamente normale. Simon Baker è un eroe senza macchia perfetto, la sua interpretazione viaggia su un binario e non deraglia, così come devono essere i predestinati. John Leguizamo è un magnifico ribelle, lingua e grilletto veloce, cattivo sì, ma solo per necessità. Dennis Hopper è la perfetta antitesi del suo motociclista di Easy Rider e proprio per questo a suo agio, perché quando si combatte un nemico per tanti anni è naturale riuscire a imitarlo. E Asia Argento, almeno nella versione americana, risulta incredibilmente più efficace che in un qualunque film girato dalle nostre parti.
Ma il merito va necessariamente tutto a chi ha creato questo mondo di oggi, non del domani, un autore troppo a lungo tenuto in panchina dal cinema che conta e che a settantacinque anni dimostra di avere molte più cose da dire di tanti idolatrati nuovi guru della celluloide.Simon
Land of the Dead è uno di quei film sempre più rari.
Quelli che ci riconsegnano una dimensione più umana del cinema e soprattutto più utile, perché dal momento in cui entriamo in sala a quello in cui ne usciamo siamo costretti a usare il cervello, a capire che tutto quello che c’è sullo schermo è là fuori.
E ogni tanto guardate verso il resto della platea durante la visione: vi accorgerete che i morti viventi esistono.