Laurel Canyon è una strada che attraverso il cuore delle colline di Hollywood. In una bella villa con piscina vive Jane, leggendaria produttrice discografica impegnata nella realizzazione del singolo della band di Ian, suo attuale compagno. L’arrivo del figlio psichiatra Sam, da sempre in totale disaccordo con lo stile di vita eccessivamente alternativo della madre, e della sua fidanzata Alex, creerà una serie di scompensi all’interno del gruppo.
Spesso, nella musica come nel cinema, sono i produttori a fare grandi gli artisti, altrimenti persi alla ricerca della creazione artistica a tutti i costi. I produttori musicali, poi, sono dei personaggi davvero affascinanti, capaci di creare successi epocali da melodie trite e ritrite. Sarà per questo che ogni tanto ci s’imbatte in film che ne narrano le gesta, facendoli apparire delle vere e proprie divinità della macchina musicale.
Buona parte del fascino di Laurel Canyon lo si deve a Jane
Producer dall’indiscusso talento, interpretata da una Frances McDormand come sempre grandissima; grazie a lei si riesce a entrare nell’atmosfera avvolgente di questa commedia indipendente (marchio di qualità Sundance Institute), quasi fosse lei a decidere il giusto arrangiamento da dare al film, manovrando i livelli sul mixer.
La regista e sceneggiatrice Lisa Chodolenko ci mette una storia intrigante e un cast efficace, in particolare il bravo e ancora poco sfruttato Alessandro Nivola, raccontando una storia, che altri avrebbero reso squallidamente morbosa, con grande leggerezza, grazie a uno stile asciutto e con momenti che ricordano il Robert Altman di Nashville. Il tutto commentato da una soundtrack scelta con attenzione, con sonorità che spaziano dal Brit-pop al rock classico.
Il finale sospeso, poi, lascia un senso di grande pace interiore, con la consapevolezza che non è mai troppo tardi per lasciarsi andare e vedere cosa succede.