Gianluca Maria Tavarelli ha la particolarità di saper raccontare le sue storie con una facilità di espressione davvero non comune, riuscendo a muoversi con una certa disinvoltura attraverso i generi. Con Liberi affronta il sempre difficile campo del romanzo di formazione, contaminandolo a un problema sempre più sentito nel cinema odierno, e non solo in Italia, come quello della disoccupazione.
Quattro vite che si intrecciano, si ostacolano, si conoscono e si allontanano gestite con maestria nello sviluppo dei rapporti, meno purtroppo nella scelta dei dialoghi e in alcuni nodi di sceneggiatura.
Liberi parte purtroppo piano, troppo
Tanto che solo dopo i primi quindici minuti si incomincia a sentire realmente il film, entrando in una dimensione più vicina a quella del Tavarelli che abbiamo conosciuto in Un amore e Qui non è il paradiso e che permette ai due giovani attori, Elio Germano e Nicole Grimaudo, di esprimersi con freschezza e spontaneità, dialoghi permettendo.
Liberi è un’opera non del tutto riuscita
Ma da non buttare via, perché comunque ricca di spunti emotivi che lasciano il segno e allietano la visione. Doverosa menzione a Luigi Maria Burruano, padre orgoglioso e caparbio.