Vice, da pronunciare “Vais”, che vuol dire sia vice, nel senso di secondo, che vizio, quello del potere. Che si sa, logora chi non ce l’ha. E le immortali parole di Giulio Andreotti sono la migliore sintesi possibile nella quasi totalità delle politiche umane vicende. Ma sembrano calzare particolarmente bene con la vita di Dick Cheney.
Dopo il magnifico La grande scommessa, Adam McKay, forte del suo Oscar per la migliore sceneggiatura, sfrutta il suo stile caustico e analitico per raccontare la storia dell’uomo che forse più di molti altri ha portato l’America nel terrore e sul lastrico. Personaggio oscuro e mediocre, Dick Cheney viene descritto come un uomo semplicemente cattivo, il cui unico talento è stato quello di sapere tenere il pugno le persone per sfruttare poteri che non erano di sua competenza. Se vi ricorda un contemporaneo italiano, non vi state sbagliando. Tornando a Big Dick, le sua indiscussa qualità si è sviluppata nel tempo, coltivandola amorevolmente per riprendersi quello che la vita gli aveva tolto. La bottiglia, prima di tutto, e da ex alcolista il bisogno di un surrogato per poter sentire l’ebbrezza della vita era vitale. E un cuore, spaccato da tre infarti. Bastava piegare la realtà a sua immagine a somiglianza. E la sua realtà si chiamava Stati Uniti d’America.
Vice, una risata ci seppellirà
McKay, navigato autore televisivo con un’importante militanza nel Saturday Night Live, come già nel precedente film sulla crisi finanziaria del 2007, dimostra la sua tesi usando l’arma più potente: la risata. Non è il primo, non sarà l’ultimo, certamente è uno dei non molti che ci sta riuscendo bene. Vice è un film divertente e crudele, nei confronti del suo protagonista e delle sue marionette, ma anche delle sue vittime, che non sono solo i cittadini americani, ma tutti quelli che sono stati in qualche modo influenzati dalle manovre di quest’uomo privo di scrupoli e di morale. La domanda, alla quale preferiremmo non dare una risposta, è sempre la stessa: come è arrivato fino lì Dick Cheney?
ADAM MCKAY: “DONALD TRUMP, LA COSA PEGGIORE CHE POTESSE ACCADERE ALL’AMERICA”
Risposta semplicissima: è stato eletto dal popolo. Come Donald Trump. Come Bolsonero. Come Salvini e Di Maio. Ha ricevuto un democratico incarico e lo ha rispettato, facendo gli interessi di chi lo ha supportato a raggiungere quel risultato.
Questo ci racconta Vice
Facendoci ridere, sorridere, subdolamente trasformandoci in persone orribili, godendo della splendida punizione subita nell’avere una figlia gay. Il vizio peggiore non è la bramosia di potere, ma puntare il dito solo dopo avere permesso che questo potere venisse esercitato, lavarsi la coscienza quando i Cheney non assolvono più alla loro primaria funzione. Quella del perfido parafulmine a cui addossare tutti i peggiori peccati. Commessi, è naturale. Ma non è certo colpa nostra. O No?
Vice, il film che non farà mai Michael Moore
Adam McKay ha con due film raccontato venti orribili anni di storia americana, surclassando il moralizzatore Michael Moore. Merito di un’obiettività crudele nei confronti del popolo americano, formato per la stragrande maggioranza da bifolchi razzisti e ignoranti. Per Moore sono le vittime. Per McKay la causa. La Storia gli sta dando ragione.
Vice è un film da vedere e rivedere
Perché è ricchissimo, anche troppo, e lo si dovrebbe studiare più che vedere, per meglio comprendere cosa ha portato alla crescita e alla vittoria delle politiche populiste nel mondo. McKay è un regista di valore, sebbene ancora cinematograficamente acerbo e legato al frenetico linguaggio televisivo americano, propenso all’accumulo piuttosto che all’aurea regole del “less is more”.
Entrambi difetti di cui Vice soffre
Ma in qualche modo necessari, vista la complessità narrativa del film. Ma come per ogni buon film, tanti elementi che devono combaciare. Qui di notevole c’è una sceneggiatura che per creatività e struttura è molte spanne avanti la media di Hollywood. E un cast in stato di grazia, da Christian Bale nei panni del protagonista, a Steve Carell in quelli del viscido Donald Rumsfeld, Amy Adams Lady Macbeth of the Hillbillies e Sam Rockwell, George W. Bush che non si riesce a distinguere da una barra inanimata di carbonio.
Chissà se un giorno qualcuno saprà accusarci con la stessa bravura di avere consegnato l’Italia a dei fascisti ignoranti e consapevoli delle loro azioni. Perché a furia di dire a qualcuno che è stupido, finisci col sembrarlo tu. Senza accorgerti del cappio che si sta stringendo intorno al collo.