Qualcosa che non è mai accaduto, ma che verosimilmente potrebbe verificarsi: un attentato terroristico a Roma, nel cuore della cristianità, ma nel quartiere che di sera è più popolato da giovani e giovanissimi, San Lorenzo. Per questo la deflagrazione, a opera di tre attentatori, miete un numero di vittime considerevole ed è particolarmente raccapricciante. Questa è la premessa invisibile di Solo una notte, secondo cortometraggio della regista Clauda Zella, che ha potuto realizzarlo grazie a due bandi per il cinema, il Nuovo IMAIE e il SIAE S’Illumina.
Solo una notte: boy meets girl
L’assunto che sta alla base di ogni buona storia. Lo diceva Alfred Hitchcock. Un ragazzo incontra una ragazza. Può cambiare il contesto, ma la base è solo una, semplicissima. Ed è proprio sulla semplicità che gioca Solo una notte. Prima fra tutti, la location unica, casa di Alice, la giovane che sta tornando a casa e viene travolta dalla gente in fuga. Tra loro c’è un bel ragazzo, Marco, che le dice che c’è appena stato un attentato, poco distante. Lei vuole mettersi in salvo, e portarci anche lui. Lo fa salire in casa, lo medica, si parlano. Hanno paura e si rassicurano. Trascorrono la notte insieme. Solo una notte. Perché la corrente elettrica non c’è e Alice non può apprendere dai telegiornali che Marco è uno dei tre attentatori. Proprio lui che le infonde coraggio, che le promette “Tu non morirai stanotte”.
Interpretato da Veronica Bitto e Marco Zingaro, con la bella fotografia di Sandro Chessa è un piccolo film di grande intelligenza. Senza politica, senza morale, senza la pretesa di voler dare risposte. Con un finale da brivido che, da solo, varrebbe l’intero film e che tormenta lo spettatore sensibile facendogli spalancare gli occhi su una realtà che sembra lontana, invece è il nostro quotidiano. O potrebbe esserlo.