Vox Lux è la seconda regia di Brady Corbet, attore di talento e più che aspirante autore dietro la macchina da presa. Perché se il buongiorno si vede dal mattino, questo trentunenne dal già lungo e ricco curriculum, farà molto parlare di sé nei prossimi anni.
Nativo di Scottsdale, Arizona, dove nel 1992 un giovanissimo Stefano Pescosolido vinse il suo primo torneo ATP, Corbet ha lavorato con registi come Gregg Araki, Michael Haneke, Lars Von Trier, Catherine Hardwick, Olivier Assayas. Tutte esperienze che si potrebbero dedurre semplicemente guardando i suoi due film da regista. Il primo, L’infanzia di un capo, vinse il premio De Laurentiis a Venezia 72 come migliore opera prima. Presidente di giuria era Jonathan Demme, a cui è dedicato Vox Lux e a cui il film stesso deve molto.
È una singolare tipologia di spugna cinematografica Corbet. Assorbe ciò che vede, guarda e gli viene insegnato, rilasciandolo rielaborato e arricchito, ma non appesantito. Ne viene fuori, da questo curioso processo, un cinema camaleontico,fluido, se fosse concesso un parallelo calcistico direi Ancelottiano nel suo continuo trasformarsi.
È fluido negli stili, nei cambi di registro, pratica evidente in Vox Lux
Film meno nel rigoroso di L’infanzia di un capo, film “hanekiano” in tutto e per tutto, un manierismo che però non disturba, è anzi ammirevole nel suo approccio personalissimo e soprattutto funzionale.
L’ascesa della rockstar Celeste è invece totalmente opposta nella messa in scena. Sullo schermo vediamo passare buona parte degli spiriti guida di Corbet. E quello che sembra inizialmente un fastidio, si trasforma rapidamente nella curiosità di scoprire cosa verrà dopo.
Ha talento, il giovane Corbet
Soprattutto ha un’idea chiara di ciò che lo interessa e che vuole raccontare. Lo fa anche in questo caso trasformandolo, attraverso una sapiente commistione di generi, un processo che è in realtà più un abile camuffamento. Corbet indaga le origini e le ragioni del male. Se dovessimo catalogarlo, la categoria più corretta sarebbe quella dell’horror, ma sarebbe anche straordinariamente limitante.
Entrambi i suoi film affrontano un discorso preciso sulla Storia e sulle conseguenze che il corso della stessa ha sui singoli individui. Così come importanti sono le storie private, quelle che formano il carattere e indirizzano le persone, altro elemento portante del suo discorso cinematografico.
Un processo analitico per immagini portato avanti con raffinatezza e ruvidità, patinato o sporco nel giro di due tagli di montaggio. Eccessivo nel suo volere essere diverso a ogni costo, sin dagli spiazzanti titoli di coda in apertura, con le dissolvenze sovrapposte volutamente sbagliate. Vezzi infantili vetero-godardiani, che solo per questo non possono dispiacere.
È un film complesso Vox Lux
Da amare o da odiare, in ogni caso è solo il secondo capitolo di un’opera in divenire. Difficile oggi dire se un giorno sarà da ritenersi memorabile o meno. Per ora è già importante che qualcuno stia provando a scriverla.