Forse Martin Scorsese non è più regista di qualche anno fa, cineasta capace di tirare fuori capolavori come Taxi Driver e Toro scatenato e film coraggiosi e controversi come L’ultima tentazione di Cristo. L’ultimo Scorsese davvero da incorniciare è probabilmente quello di Al di là della vita, guarda caso scritto da Paul Schrader, sceneggiatore e regista che è riuscito a integrarsi al meglio con l’anima cristiana del regista italo-americano, lui calvinista a tutto tondo.
Mettendo da parte le questioni di fede, è indubbio che quando Scorsese affronta i temi della colpa, del rimorso e della vendetta riesce sempre a dare il meglio di sè, anche in opere tanto affascinanti quanto imperfette come Gangs of New York e The Aviator e formalmente magnifiche come The Departed.
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La riscoperta dei generi classici hollywoodiani sembra essere una nuova sfida da parte del vecchio Marty, una ricerca iniziata proprio con il film che gli ha finalmente portato il tanto ambito Oscar, e che prosegue in forma ancora più estrema e raffinata con Shutter Island, adattamento del magnifico romanzo di Dennis Lehane, che racconta dell’indagine di due agenti federali, nell’America maccartista degli anni Cinquanta, all’interno di un manicomio di massima sicurezza su un’isola sperduta al largo di New York. Arrivati su questo pezzo di roccia in mezzo al mare, i G-men Teddy Daniels e Chuck Aule si troveranno a fronteggiare una situazione misteriosa che si trasformerà in un incubo, apparentemente senza via d’uscita.
Regia magnifica, supportata da scenografie inquietanti, fotografia eccellente e un montaggio come sempre straordinario a opera di Thelma Schoonmaker, Shutter Island ovviamente non fa notizia per la sua perfezione tecnica, marchio di fabbrica della filmografia di Scorsese da molti anni a questa parte, come sempre quasi maniacale nella cura dei dettagli, ma lascia piacevolmente sorpresi per la ricerca cinefila di cui è intriso.
Scorsese riesce a dare al film le inquietanti atmosfere di Fuller unite al classicismo di Siodmak e all’espressionismo di Lang, ispirandosi al noir classico degli anni Quaranta e Cinquanta, da cui mutua anche l’utilizzo della colonna musicale e molti tagli d’inquadratura e di luce.
Un’opera, quindi, ricca di tensione che viene ulteriormente arricchita da un cast tutto in forma magnifica, da Ben Kinsgley a Max Von Sidow a Mark Ruffalo, fino all’eccellente Leonardo DiCaprio che ci regala una performance davvero notevolissima, tanto per ribadire che tutto quello che di buono si era detto di lui in giovane età corrispondeva a verità.