Chi almeno una volta tra i banchi di scuola durante il tempo sottratto clandestinamente allo studio non ha inscenato sul proprio quaderno a quadretti il conflitto marino per antonomasia che risponde al nome di Battaglia navale? Davvero pochi a nostro avviso, visto che il più celebre tra i giochi di carta e matita, commercializzato nei decenni passati anche come intrattenimento ludico da tavolo da parte di diverse case editrici tra cui la Milton Bradley e la Hasbro, ha estimatori e praticanti davvero a tutte le latitudini. Le regole sono poche e arcinote, dunque non stiamo qui a rammentarle. Regole che nella loro semplicità hanno finito con il suggerire la base di partenza per la sceneggiatura di Battleship, firmata a quattro mani da Jon ed Erich Hoeber (Red), autori di un kolossal fanta-action che dello storico gioco vuole essere un omaggio e soprattutto un libero adattamento in scala per il grande schermo.
In questo modo, la strategia per lo più hollywoodiana di trasporre fonti “altre” che non siano di natura espressamente letteraria, si arricchisce di un ulteriore tassello che apre nuovi scenari per l’industria cinematografica statunitense, costretta ad attingere a piene mani dal “mondo” dei fumetti, dei videogame, dei parchi a tema e adesso persino dai giochi da tavola, per far fronte alla crisi di originalità che da qualche anno a questa parte sta caratterizzando la produzione nordamericana e non solo.
Fatto sta che dopo una lunga attesa, segnata da eventi e preview organizzati tra Vecchio e Nuovo Continente, la pellicola dal budget faraonico targata Universal sbarca finalmente nelle sale. Un regalino decisamente costoso che la major a stelle e strisce ha fatto al pubblico e in primis a se stessa per celebrare i cento anni dalla sua fondazione, per il quale non ha badato a spese facendo lievitare il costo effettivo di questo blockbuster hi-tech fino alla cifra astronomica di duecento milioni di dollari. Il risultato è a parere dei produttori e degli autori – gli stessi di Transformers – davvero spettacolare sul versate dell’impatto visivo e degli effetti speciali. Staremo a vedere. In tal senso, le prime immagini mostrate a Sorrento e lo scorso 19 gennaio nella presentazione in quel di Roma sembrano in parte confermare le premesse.
Al timone di Battleship troviamo Peter Berg
Regista versatile capace di spaziare senza problemi tra i generi, che dopo le disavventure di Hancock e conflitto Medio-Orientale raccontato nel thriller spionistico dalle venature belliche The Kingdom, si cimenta in quello che definisce senza remore un “pop-corn movie adrenalinico di puro intrattenimento”. Fine ultimo dell’operazione dunque quello di puntare diritto al gradino più alto del box-office, attraverso un mix esplosivo di show pirotecnico, fantascienza, azione, avventura, volti di richiamo – l’esordiente Rihanna, la superstar internazionale Liam Neeson e l’attore del momento Taylor Kitsch – e sorprendenti effetti visivi griffati Industrial Light & Magic.
Non manca la componente romantica che nella storia fa capolino tra un conflitto a fuoco e l’altro, quasi a volere sottolineare – come avvenuto in più di una passaggio durante la presentazione capitolina – la volontà del regista di puntare su una storia capace di
“offrire alla platea personaggi sufficientemente delineati, credibili e animati da sentimenti puri come l’amore, l’amicizia e il rispetto, chiamati a fare da controcampo emozionale alla paura e alla sofferenza inflitta dalla guerra”.
E proprio la possibilità di lavorare su uno script che permettesse di apportare elementi storici e tematiche universali in un contesto videoludico dichiarato, rappresenta il motivo principale che ha spinto il regista ad accettare la sfida. Per Berg, infatti, in Battleship sono presenti in maniera evidente, oltre a una buona dose di dinamicità e a momenti più leggeri e frivoli, altrettanti che richiamano alla mente i caratteri fondanti dell’essenza guerrafondaia: l’attacco, la vendetta, il sangue, le alleanze, la difesa e il nemico. Quest’ultimo mette uno di fronte all’altro l’umano e l’alieno, in linea con la storia del cinema che ha visto nel secondo dopoguerra il prototipo originale dello Sci-fi investito da un graduale processo di ibridazione (azione, horror, disaster movie, dramma, ecc…) fortemente influenzato dai timori del futuro: da un lato la paura della bomba atomica, dall’altro la contrapposizione politica Ovest/Est che nel periodo della Guerra Fredda portò a vedere l’alieno come un pericoloso “diverso” e non come una nuova frontiera della conoscenza, spesso assunto a metafora del “mostro” che minaccia l’ideologia, la sicurezza, l’esistenza e l’establishment americano.
Battleship non fa eccezione
E accodandosi alla scia dei recenti World Invasion e del remake spielberghiano de La Guerra dei Mondi, segue il secondo dei suddetti percorsi tracciati dalla fantascienza prima che negli anni Sessanta si aprisse uno spiraglio di benevolenza nei confronti del mondo extraterrestre. Il nemico di turno è una razza aliena cyborg, chiamata Regents, che nel film assume fisionomia e comportamenti umani, intenzionata a sfruttare una fonte energetica presente nelle profondità dell’oceano. In difesa di quella terrestre, in una battaglia che si annuncia epica, una flotta mondiale guidata ovviamente dal contingente della Marina degli Stati Uniti. Non ci resta allora che aspettare il risultato finale di una partita che va in scena sul grande schermo e non più su un foglio di carta, dove in gioco non c’è una merendina a ricreazione, piuttosto l’estinzione di una delle due specie. Ma quale?