“La meccanica dei mostri, da Carlo Rambaldi a Makinarium”, questo il titolo della mostra che dal 22 ottobre al 6 gennaio permetterà al pubblico degli appassionati, cinefili e non, di conoscere la vita e le opere di un signore italiano che si è portato a casa nella sua carriera tre Oscar.
Sono esposte, le tre statuette, parte centrale del percorso allestito al Palazzo delle Esposizioni di Roma, che ha organizzato e prodotto la mostra curata da Claudio Libero Pisano. Attorno a loro, una carriera durata una vita, partita dalla natia Ferrara, continuata tra Cinecittà, Hollywood, il Giappone, ma di fatto ben oltre il sistema solare, se vogliamo considerare I domicili di E.T. e dello xenomorfo di Alien.
Ma più che fare nuovamente una lista, nota, delle sue creazioni e dei suoi lavori, ciò che intriga è riflettere, più che raccontare, del lavoro di Rambaldi. La meccanica dei mostri è una suggestione magnifica, soprattutto non limitandosi all’accezione classica del termine mostro.
Carlo Rambaldi è stato un’apprendista prima.
E poi un maestro, di un mestiere dalla straordinaria tradizione letteraria, dando vita, tramite l’energia nelle sue forme diversamente cinetiche, a corpi inanimati. Corpo è la parola chiave, tanto cara a una frangia della critica che il lavoro di Rambaldi ha spesso ignorato, in quanto apporto non determinante nel processo artistico.
Non è così, basta chiederlo a Steven Spielberg e Ridley Scott. Ma se da una parte, tecnicamente parlando, avremmo avuto comunque un E.T. O un Alien, magari solo in forma diversa, non li avremmo oggi nella nostra memoria con le stesse emozioni.
“Io canto il corpo elettrico”, scriveva Walt Whitman
E nel cantarlo intendeva l’importanza del rapporto che il corpo ha con l’anima e tutto ciò che lo circonda. Ecco, lo spaurito alieno del film di Spielberg è una sintesi della filosofia in versi di Whitman. Una macchina, alimentata da un’energia che le conferisce uno spirito, che la fa vivere all’interno di un piccolo universo limitato nel tempo e nello spazio. Insomma, in un film.
E lo stesso vale per gli arti di King Kong, gigantesche mutilazioni che ci fanno comunque immaginare la potenza di un essere primordiale e romantico. Le molte mandibole dello xenomorfo del Nostromo sono, nella testa di H.R. Giger e nella messa in opera di Rambaldi, la metafora di un mondo primitivo, in cui preda e cacciatore sono le uniche forme della scala sociale. Noto anche come capitalismo.
Un gioco, forse, ma non poi così tanto. Guardare l’evoluzione di un mestiere artigianale, come quasi tutto il cinema delle origini, di fatto in gran parte sparito, soppiantato dalle tecniche digitali, fa venire la giusta malinconia da cinefilo. Il passaggio ideale di consegne tra Rambaldi e un’azienda come Makinarium, che alle tecniche animatroniche e prostatiche ha implementato il digitale, raggiungendo risultati d’eccellenza, credo avrebbe fatto piacere a l’uomo dei mostri. Creature che oltretutto fanno decisamente meno paura di molti così detti esseri umani.
La meccanica dei mostri. Da Carlo Rambaldi a Makinarium
A cura di: Claudio Libero Pisano
22 ottobre 2019 – 6 gennaio 2020
Promossa da: Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale, Azienda Speciale Palaexpo Organizzata da: Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con la Fondazione Culturale Carlo Rambaldi
Sponsor Tecnici: Gucci, Roma Lazio Film Commission, Arte Vetrina Roma; Trenitalia, Coopculture Media Partner: Dimensione Suono Roma
Si ringrazia: Anberries Pastilles; Krumiri Rossi Partner: Alitalia
Orari: Domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30;
Informazioni e prenotazioni: Singoli, gruppi e laboratori d’arte tel. 06 39967500; www.palazzoesposizioni.it
Biglietti: Intero € 12,50; ridotto € 10,00. Ragazzi dai 7 ai 18 anni € 6,00. Ingresso gratuito per i bambini fino a 6 anni. Biglietto Open € 16,00