La cultura cinematografica italiana è da sempre ancorata alla celebrazione di una memoria di celluloide ormai lontana e spesso, a posteriori, considerata grande per partito preso. Una revisione critica di molto cinema del passato potrebbe prima o poi essere una buona idea, soprattutto per dare uno scossone a un movimento e a un comparto che soffre atavicamente di una chiusura nei confronti del nuovo e ancora più dell’innovazione. Anche la considerazione che viene riservata ad alcuni cineasti nostrani contemporanei viene esagerata, mentre in altri casi sfuggono al grande pubblico, ma soprattutto agli addetti ai lavori, dei piccoli gioielli cinematografici che finiscono con l’andare nel dimenticatoio.
Il cinema di Bernardo Bertolucci è per fortuna da sempre quanto di più lontano da questo scenario.
Regista straordinario per tecnica e poetica, Bertolucci non ha neanche mai avuto paura di rischiare e di mettersi in gioco. Quest’atteggiamento ha permesso al mondo di godere di Novecento, un affresco che come pochi ha raccontato la nascita di una nazione, e de L’ultimo Imperatore. Figlio di un poeta e della Nouvelle Vague, ma anche di Sergio Leone, Bertolucci è ancora oggi l’unico cineasta italiano capace di un cinema di respiro internazionale, senza voler fare l’americano, ma girando film con un’universalità di linguaggio che permette loro di andare oltre ogni confine.
Io e te ha questa forza dirompente
Intimissima storia di un quattordicenne problematico che si rifugia in cantina fingendo di andare in settimana bianca, creandosi una bolla dalla quale forse non vorrà più uscire. Finché nel bunker non entra la sorellastra, più grande e con problemi ancora più grossi. Tratto dal romanzo breve di Niccolò Ammaniti, molto più autobiografico di quanto si possa credere, Io e te è l’ennesimo tassello nella filmografia di Bertolucci in cui protagonista è la giovinezza, confusa e quasi rubata. Un tema che ha permeato buona parte della sua carriera, a lui sempre caro, e che in quest’ultima fase ha affrontato ancor più apertamente, con Io ballo da sola prima e successivamente con The Dreamers.
Io e te raccoglie suggestioni ancora più lontane
Riallacciandosi a una delle sue opere più controverse ma anche più sentite, La luna, da cui mutua il rapporto madre – figlio, per poi riscoprire il cinema da camera che aveva già affrontato, meravigliosamente, con L’assedio. Bertolucci fa della cantina un microcosmo in cui spazio e tempo non hanno più regole, costruendo un film semplice e potentissimo, grazie anche alla bravura dei due protagonisti e a una colonna sonora che, come in Io ballo da sola, fa da sola buona parte del lavoro.
Nel mentre, incontriamo Wong Kwar-wai e Francois Truffaut, Michael Powell e Tsai Ming-liang, un compendio degli amori di celluloide di un cineasta italiano tra i più grandi di sempre che ha per fortuna ancora il desiderio di raccontare storie e di ricordare ai suoi giovani, e talvolta arroganti e presuntuosi colleghi, che fare film è un gioco serissimo e meraviglioso.