Quante volte avete sentito conversazioni del tipo “Lo sai che ho ritrovato su Facebook i miei compagni delle elementari”? Fermo restando che se delle persone si perdono di vista, nella maggior parte dei casi è proprio per non vedersi più, ciò non toglie che il giovane Mark Zuckerberg abbia avuto proprio una bella idea, creando un social network capace di connettere centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, permettendo loro di scambiarsi informazioni e, incredibile ma vero, emozioni reali.
Queste ultime sicuramente molto diverse da quelle che il caro Mark assapora ogni volta che guarda il suo estratto conto, pensando a come sia riuscito a ottenere così tanto dalla vita in così poco tempo.
David Fincher, che delle vite è un curioso esploratore, ha trovato interessante analizzare i gustosi retroscena che hanno accompagnato la nascita di un fenomeno tecnologico che ha rivoluzionato il concetto stesso di rapporto interpersonale. Lo ha fatto partendo proprio dall’indagine della prima relazione distrutta da Facebook, quella tra il suo creatore e il suo migliore amico, e a cascata tutto il corollario di persone che inevitabilmente si è avvicinato al geniale nerd.
Trama a parte, Fincher, dopo il sopravvalutato Lo strano caso di Benjamin Button, torna a occuparsi di temi che gli sono più congeniali, ovvero l’analisi di personalità peculiari ma in qualche modo disturbate e ossessive, che finiscono con il rovinare la loro vita e quelle dei loro cari attraverso comportamenti che rasentano la patologia.
The Social NetWing
Uno schema che il regista di Alien 3, suo vituperato esordio assolutamente da rivalutare, ha inserito in tutti i suoi film a partire da Seven, portando avanti il discorso lungo tutta la sua lodevole filmografia. Zuckerberg è il Michael Douglas miliardario solo e bastardo che si trova invischiato nell’enorme macchinazione di The Game, ma anche il giovane giornalista ossessionato da un serial killer in Zodiac, e ovviamente il Narratore di Fight Club, come lui creatore di un disegno globale e rivoluzionario.
Fincher vuole quindi sezionare la mente sociale di un disadattato destinato a dominare il mondo e lo aiuta in questa impresa cinematografica Aaron Sorkin, sceneggiatore di talento che nella sua carriera ha affrontato l’argomento più difficile per un americano, ovvero l’intero sistema politica su cui si basano gli Stati Uniti nelle centocinquantaquattro puntate della straordinaria serie televisiva West Wing. Un esperto di intrighi, complotti e trattative sotto banco, quindi, ma anche della fascinazione del potere e delle conseguenze che questa forza incontrollabile può avere sulle persone e sulle loro decisioni. Sorkin, d’altronde, gioca da sempre con questi argomenti, da Codice d’onore, con l’avvocato militare Tom Cruise alle prese con gli abusi dell’alto ufficiale Jack Nicholson, fino a La guerra di Charlie Wilson, in cui Tom Hanks si organizza un conflitto a suo uso e consumo semplicemente perché può farlo.
Con queste premesse, The Social Network può già essere inserito in un discorso ben più ampio, ovvero quello del sogno americano che diventa incubo, e che Tyler Durden in Fight Club cercava di scardinare con il suo terrorismo culturale ed estremamente fisico. Zuckerberg è invece un sovversivo che subisce il fascino della conquista, nel suo caso su vastissima scala, dato che ogni giorno migliaia di persone entrano nella sua Rete, sempre più sua, da dividere con altri personaggi come lui e che portano nomi bizzarri come Google, Yahoo e chi più ne ha più ne metta.
I giovani leoni
Per raccontare questa storia, Fincher per la prima volta si affida a un cast non fatto di grandissimi nomi, ma a un manipolo di giovani talenti che stanno dimostrando di meritare la fiducia di un pluricandidato all’Oscar. A partire da Jesse Eisenberg che, dopo le eccellenti prove di Adventureland e Benvenuti a Zombieland, mette piede in un altro territorio, quello del cinema che conta, di cui aveva potuto godere un assaggio con The Village di M. Night Shyamalan. Eisenberg, attore che già ha dimostrato di avere delle doti molto raffinate esaltate dal suo apprendistato nel cinema indipendente, come la sua toccante interpretazione ne Il calamaro e la balena, è perfetto per vestire i panni del genio incompreso e solitario destinato a traguardi impensati, così come ottimi sono gli altri ragazzi nei ruoli di contorno. Andrew Garfield, futuro Peter Parker, interpreta Eduardo Saverin, il migliore amico di Mark, suo primo finanziatore con un prestito di mille dollari, che gradualmente sarebbe stato allontanato dal compagno di università di pari passo con la crescita di Facebook. Justin Timberlake, cantante e ballerino con una dote di qualche diecina di milioni di dischi venduti, ha già dimostrato di avere talento anche sul grande schermo, oltretutto in film non facili come Alphadog e Black Snake Moan. Qui non poteva che diventare l’alter ego di Sean Parker, il creatore di Napster, il primo sistema di file sharing musicale della storia; in parole povere l’invenzione che ha messo in ginocchio l’industria discografica. Infine, nel doppio ruolo dei gemelli Winklevoss, Arnie Hammer, un bel faccino già avvistato in alcuni episodi di Gossip Girl che bisognerà tenere d’occhio.
Everybody Lies
Ovviamente, tutto The Social Network si basa su delle storie che si presume siano vere, ma questo è un gioco che Fincher adora e una delle grandi qualità del suo cinema: riuscire a irretire lo spettatore con delle costruzioni, non necessariamente mentali come fanno altri suoi forse sopravvalutati colleghi, che finiscono con il nascondere allo spettatore la realtà. Era così in The Game, ma in parte anche in Seven, e ovviamente in Panic Room, in cui il gioco è addirittura doppio, interno ed esterno. In questo caso la struttura si potrebbe moltiplicare per quanti sono i punti di vista della genesi creativa e commerciale di Facebook. Ma Fincher preferisce invece un’analisi più ristretta e certamente più amara e semplice, ovvero che essere ricchi non vuol dire necessariamente essere felici. E che avere degli amici veri è una cosa molto difficile.
Non è mica come trovarli su Facebook. Che, per dovere di cronaca, è il secondo sito più visitato della Rete dopo Google.