Diciamo la verità: in Italia i film all black non incassano. Fu così anche per Dreamgirls, un film dalle potenzialità pop infinite, uscito in un periodo in cui il musical faceva faville al botteghino. E purtroppo sarà così anche per Il diritto di opporsi (brutto titolo italiano per Just Mercy, che contribuirà a mettere ancora più a dieta gli incassi), che per giunta non ha ricevuto nessuna nomination agli Oscar – al contrario di un film brutto come 1917. Parla di razzismo Just Mercy. E lo fa in un modo così diretto che ci fa domandare il perché dell’assenza agli Academy Awards. In Italia, per lo meno, è sempre stato un mero dato statistico-demografico, che ci metterà generazioni a cambiare…
Il diritto di opporsi è una storia vera
La vera storia di un giovane avvocato, nato in quartieri poveri e per lo più neri, formatosi grazie alle borse di studio che negli States ancora funzionano. Sono pochi i ragazzi meritevoli che ne usufruiscono, ma almeno ci sono. Questo giovane avvocato si chiama Bryan Stevenson, e ancora oggi, con la Equal Justice Initiative, fornisce supporto legale e aiuti vari ai disperati, ai bisognosi, ai condannati ingiustamente, alle donne e i bambini che restano soli e senza assistenza perché il padre di famiglia si trova nel braccio della morte, spesso senza giusta causa. Nel film lo interpreta un motivatissimo ma ancora acerbo Michael B. Jordan, meglio conosciuto come il giovane Creed. Accanto a lui, un cast eccezionale, da Jamie Foxx a Brie Larson, passando per un Rob Morgan che meriterebbe la statuetta come Miglior Attore Non Protagonista. La scena dell’esecuzione di Herbert Richardson è qualcosa in grado di farvi stare svegli per molte notti consecutive, a pensare alla barbarie che è la pena di morte e ai metodi ancora utilizzati per applicarla. Quelli che conosciamo, giacché stati come la Cina non hanno mai rivelato tutte le procedure.
La necessità di un cinema civile
Il diritto di opporsi, o Just Mercy, che più ci aggrada, è un esempio di ottimo cinema civile. È qualcosa di sconvolgente, come Il buio oltre la siepe e molto più de Il miglio verde. È il racconto senza sconti di una realtà geografica, l’Alabama, in cui ancora oggi il colore della pelle fa la differenza. Puoi startene a casa per fatti tuoi e venir condannato a morte al posto di un altro. Perché la vicenda di Walter McMillian, ingiustamente condannato a morte per un crimine che non aveva commesso, e per il quale il vero colpevole non è mai stato individuato, è solo uno dei tanti esempi di giustizialismo con capro espiatorio annesso, per far dormire tanti bei sonni tranquilli a bianchi ignari di essere dei mostri, conniventi con un andazzo che è legge.
E non sorprende che tutto il cast sia tanto ispirato. Non solo gli attori afroamericani, ma anche un Tim Blake Nelson a dir poco inedito. Con tanto di accento del sud perfetto. Interpretazioni che sono pugni in faccia, scena dopo scena, fotogramma dopo fotogramma, senza il tempo di riprendere fiato, che mettono KO lo spettatore – altro che Creed – per l’intensità, la spiazzante veridicità di quanto raccontato.
Sfiducia nelle istituzioni, lo spaccato di un’America che era ed è razzista. Che non vuole né verità né giustizia, che se ne frega di cosa è vero e del futuro. Basta che gli elettori bianchi possano pensare che c’è qualcuno che li protegge, in modo da votare poi ancora quelle persone. Ma di persone ce ne sono altre, e hanno occhi neri come pozzi, nelle profondità delle loro disperazioni, nella mancanza di un minimo barlume di speranza. E chiedono solo una cosa: just mercy. Solo un po’ di compassione.
Il diritto di opporsi è di ciascuno di noi
Si esce doloranti da Il diritto di opporsi. Non solo per la trama, ma anche per la bellissima messa in scena. Per la fotografia claustrofobica di Brett Pawlak e la regia del documentarista Destin Daniel Cretton. È un dolore fisico, oltre che un sapore in bocca duro da mandar via. Ci si rende conto che le ingiustizie al mondo sono tante. Alcune più gravi di altre. Ma è un film che fa venire voglia di opporsi per davvero, perché un diritto di tutti, e perché ciascuno di noi può fare la sua parte, nel quotidiano. Per davvero.
Il diritto di opporsi è tratto dal libro autobiografico dello stesso Bryan Stevenson ed è edito in Italia da Fazi Editore.