È iniziata il 29 febbraio, e andrà avanti fino al 21 giugno, al Victoria and Albert Museum, una delle mostre più affascinanti dell’anno nel già ricco panorama culturale londinese. Kimono: from Kyoto to Catwalk, ovvero dalle origini alle passerelle dell’alta moda. Un lungo viaggio che racconta quanto abbia influenzato il costume mondiale quello che inizialmente era un abito da indossare a casa.
In principio fu il kosode, un indumento molto comodo che nel XII secolo venne adottato dai samurai come abito da lavoro, proprio per la sua praticità. E per la stessa ragione fu scelto dal teatro noh un paio di secoli dopo. Il kosode si può considerare quindi la generazione precedente al kimono, sebbene la storia venga molto più da lontano. Bisognerebbe risalire addirittura al terzo secolo per arrivare all’origine della tradizione, con il kanfui e il kantoi, ovvero rispettivamente l’indumento maschile e quello femminile. Ma sarebbe una lunga storia.
Kimono: from Kyoto to Catwalk parte dalla nascita del kimono
Ovvero nel XVII secolo, quando furono uniti in un unico capo d’abbigliamento tre diversi elementi: taglio, tessuti e design. Da quel momento non si parla più di un semplice vestito, ma ogni volta di una storia.
Non è per caso che lo stesso accada quando si cucina un ramen, un piatto popolare, inteso proprio nell’accezione proletaria del termine. Ma nobile, nella sua preparazione e composizione. Ogni ramen racconta una storia, a seconda di come vengono disposti i vari ingredienti nella ciotola. Così come ogni kimono, che si tratti di un episodio delle cronache dei samurai, di una parabola scintoista, o semplicemente dello sbocciare dei fiori di ciliegio.
Veri e propri capolavori, di design e di arte pittorica, ma anche di manifattura tessile, che ben presto affascinò anche gli occidentali, grazie ai commercianti olandesi, unici a poter fare affari con l’impero del Sol Levante durante il Sakoku, la politica di isolamento instaurata dallo shogunato Tokugawa tra il 1641 e il 1853.
Tanta storia di una terra lontana, tutto grazie a un vestito, tanto che torna alla mente Il diavolo veste Prada e la disquisizione sul ceruleo di Miranda Presley.
https://youtu.be/b1L8JCbV-to
Perché, al di là della componente artistica, straordinaria, di Kimono: from Kyoto to Catwalk, l’aspetto ancora più importante di questa mostra è quanto un oggetto possa influenzare il costume e l’economia di molti comparti industriali. Tutto grazie a un elemento filosoficamente dibattibile: la bellezza.
Guardando le decine di kimono, alcuni risalenti al 1600 giapponese e davvero di devastante meraviglia, che si susseguono nelle sale espositive del V&A, si viene trasportati nel tempo e nello spazio, passando per la Francia del ‘700, l’Inghilterra vittoriana, fino ai giorni nostri. In cui il kimono è diventato fonte d’ispirazione per i più grandi stilisti, ma anche per molti artisti che dalla cultura e l’arte giapponese sono stati influenzati in maniera decisiva.
Uno dei pezzi esposti faceva parte del guardaroba del compianto Freddie Mercury. Una reliquia, per molti e per molti versi. Ma ancora più affascinanti sono le creazioni di Jean-Paul Gaultier per Madonna e di Alexander McQueen per Bjork, capolavori del fashion che sono anche un pezzo di storia della musica.
Così come è entrato nell’immaginario della storia del cinema il saio, che è in realtà un kosode, indossato da Obi-wan Kenobi e dai cavalieri Jedi. George Lucas d’altronde non ha mai nascosto di essersi ispirato al generale Makabe Rokurouta de La fortezza nascosta di Akira Kurosawa. Così come, e questa è forse una mancanza che lascia l’amaro in bocca, Eiko Ishioka aveva dato all’anziano Conte Vlad del Dracula di Coppola un’eleganza nipponica dall’irresistibile fascino. Non mancano però due pezzi splendidi, firmati da Colleen Atwood, tratti dai costumi di Memorie di una geisha.
Altrettanto ammalianti sono le creazioni contemporanee, da John Galliano a Hiroko Takahashi, con declinazioni di ogni genere e gender/no gender, a dimostrazione della straordinaria libertà d’espressione che può trasmettere l’idea e l’essenza di un manufatto. Che in quanto tale, racchiude storie, tradizioni ed evoluzioni.
Se passate per Londra, fin quando non sarà complicato farci un salto, non perdete Kimono: from Kyoto to Catwalk. È tempo speso molto bene. E non solo quello della bellissima passeggiata tra questi capolavori senza cornice. Quello successivo, che vi porterà a studiare le mille storie di un capo d’abbigliamento, sarà ancora più piacevole e ricco di soddisfazioni.