Quindici uomini sulla cassa del morto e rum in quantità. Tradizioni che non si vorrebbero mai perdere, lo hanno capito in casa Disney quando i loro pirati, quelli dei Caraibi, hanno cominciato a razziare i botteghini di tutto il mondo. In Inghilterra, i bucanieri sono di casa, la bandiera nera con teschio e tibie incrociate ha contribuito alla crescita dell’Impero Britannico, e anche l’arte ne ha tratto giovamento, basti pensare a un capolavoro senza tempo come L’isola del tesoro.
La Aardman, reduce da una tempestosa relazione con la Dreamworks di Jeffrey Katzenberg, visto che parliamo di pirati, ha pensato bene che il suo ritorno alla plastilina, dopo la bella incursione nel 3D con Il figlio di Babbo Natale, dovesse essere qualcosa di memorabile. Wallace e Gromit sono quindi rimasti a riposo per fare spazio a Capitan Pirata e alla sua ciurma, decisi a portare a casa il premio per il miglior pirata dell’anno. Ma si sa, c’è la crisi per tutti, e trovare una nave ricca da abbordare e depredare non è cosa facile. La fortuna si presenterà sotto vesti inaspettate, per un tour de force avventuroso, divertente e adatto a tutte le età.
Pirati! Briganti da strapazzo è un film d’animazione di tutto rispetto.
Non fosse altro perché la certosina pazienza necessaria per realizzare un film con personaggio in plastilina e a passo uno merita un’attenzione speciale. Il team della Aardman non delude le aspettative, soprattutto perché, come Pixar insegna, non perde di vista la cosa più importante del fare cinema, ovvero una buona storia da raccontare, ricca di spunti e con un caustico umorismo british, con sfiziose stoccate d’irriverenza che soddisfano anche i palati più esigenti.
Buona la versione italiana, con Christian De Sica che interpreta Capitan Pirata e Luciana Littizzetto una scatenata Regina Vittoria. Per chi non ha bambini e volesse invece godere delle voci originali, Hugh Grant, Imelda Staunton, Salma Hayek e compagnia sono garanzia di qualità.
Un’ultima considerazione
L’animazione è una forma cinematografica complessa e sfaccettata, i tempi dell’egemonia Disney sono finiti e se da una parte Pixar è l’assoluta eccellenza, dall’altra non si deve dimenticare che Avatar, il film con il maggiore incasso della storia del cinema, è di fatto per oltre metà un’opera di animazione in computer graphic. La Aardman in questo scenario è un’art house concettualmente vicina a Lasseter e soci, e se la collaborazione con Sony Pictures dovesse rivelarsi fortunata e duratura, i primi a trarne vantaggio saranno gli spettatori, che potranno godere di prodotti di assoluta eccellenza. Speriamo bene.