Ramin Bahrani è da alcuni anni considerato una promessa del cinema americano, grazie a film come Man Push Cart, Goodbye Solo e Chop Shop, tutte opere che raccontavano storie borderline di stranieri in terra americana. Una condizione che Bahrani ben comprende, perché pur essendo nato in North Carolina, come si evince anche dal nome è di genitori iraniani.
Molto amato dai festival internazionali, dove i suoi film hanno fatto incetta di premi, Bahrani torna a Venezia in concorso con At Any Price, opera che più americana non si può che racconta di una famiglia di agricoltori dell’Iowa tra dispute padri e figli, tradimenti e capitalismo terriero.
Una storia forte e narrata con polso che dietro la patina melò nasconde, neanche troppo velatamente, dei sottotesti importanti, svelando i lati oscuri del granaio d’America, lo stesso che vent’anni fa ospitava il Field of Dreams e che oggi, in tempi di crisi, è al tempo stesso banca e debitore nei confronti del suo disastrato paese.
Un equilibrio difficile e sapientemente Bahrani mutua la struttura da uno dei migliori film di un grande indipendente, Hud il selvaggio di Martin Ritt, e si affida poi agli attori, soprattutto alla coppia protagonista formata da Dennis Quaid e Zac Efron. Un ideale passaggio di consegne tra chi non è stato e chi potrebbe essere, perché Efron si conferma attore di razza, capace di cambiare registro interpretativo più volte nello stesso film e con una fisicità eccellente che è davvero difficile da trovare nei colleghi della sua generazione. In At Any Price Zac il bello è più che mai un moderno Paul Newman e, fatte le debite e abbondanti proporzioni, per una volta è tutt’altro che un’esagerazione.