Freddo, scostante, con un umorismo personalissimo. Nicolas Winding Refn è la personificazione di tutti i suoi film. Nel suo completo Prada si presenta sul terrazzo della Casa del Cinema di Roma, dove lo intervistiamo mentre all’interno i titoli di coda di The Neon Demon stanno ancora scorrendo sullo schermo. Accanto a lui una sorridente Elle Fanning, con un leggero vestito bianco tutto rouche e una cordoncino di fiori gioiello tra i capelli. L’immagine dell’innocenza che però, appena l’attrice apre bocca, scompare dietro la visione di una ragazza già pienamente consapevole dell’effetto che fa su chi la sta a guardare.
Elle è Jessy, la protagonista del film. Non si poteva operare scelta più perfetta di questa. Parla poco, ma quando lo fa, scopriamo che i suoi pensieri non sono certo di latte e miele, e non lo è nemmeno la visione condivisa che lei e il suo regista hanno della bellezza.
Il tuo cinema è sempre meno narrativo, ma comunque si parte sempre da una storia…
Nicolas Winding Refn: La mia intenzione era di realizzare un film horror sulla bellezza e volevo partire dal punto di vista giovane di questa sedicenne che vive un’odissea in un mondo ossessionato dalla bellezza. Volevo realizzare un horror per adolescenti.
Elle, quando ti è stato proposto un film diretto da un regista così peculiare, cosa hai pensato?
Elle Fanning: Quando mi è stato proposto il film, sono stata subito entusiasta. Avevo sentito che Nic voleva realizzare un horror, e da lui non ti aspetti che lui voglia una protagonista femminile, adolescente e soprattutto che voglia ambientare tutto nel mondo della moda. Così ho indossato il mio vestito migliore e sono andata a casa sua a fare il provino. Non sapevo però se mi avrebbe dato la parte, non era affatto scontato.
Il vostro film racconta quanto in fondo sia inevitabile lasciarsi travolgere dal lato oscuro nell’ambiente della moda?
EF: Non so se sia proprio inevitabile: ci sono moltissimi film su ragazze innocenti che vengono da piccoli paesi e che si lasciano corrompere da un mondo diverso dal loro. E questo non avviene solo parlando di moda. Non penso però che il nostro film parli di questo. Direi che è Jessy il veleno tossico che arriva in questo mondo e che alla fine fotte tutti gli altri. Lei rappresenta ed è un mistero per molte persone che la circondano. Tutti vogliono questa sua aurea, e ciò la porta ad amare se stessa ancora di più, non fa altro che guardarsi intorno in un mondo che è pieno di specchi.
NWR: Non è solo una cosa di Hollywood. Voglio dire: Los Angeles è una città come tante altre, solo che c’è una piccola parte di Los Angeles che si chiama Hollywood. Certe cose possono accadere in qualunque parte del mondo. Hollywood è un accumulatore di tutto questo, che prima raccoglie e poi irradia questi pensieri in tutto il resto del mondo. Ma io penso che il nostro film sia tante cose. C’è una parte che è indirizzata alle nuove generazioni. È anche una favola sull’ossessione per la bellezza, ma non è una critica, è il futuro. Il narcisismo è visto come una qualità: non c’è niente di male nell’amare se stessi.
Quindi questa pellicola non vuole essere una critica a Hollywood.
NWR: The Neon Demon avrebbe potuto essere ambientato da qualunque altra parte. Diciamo che forse nel mondo della moda l’aspetto fisico, la bellezza, l’apparire sono basati su elementi che accentuano ancora di più l’ossessione. Ma la stessa ossessione si trova anche altrove. Inoltre tutti hanno della bellezza una visione diversa, e tutti hanno una visione diversa anche di questo film, quindi non credo ci sia nulla di sbagliato.
Pensate che l’ossessione per la bellezza sia un aspetto tipicamente femminile?
NWR: Interessante punto di vista. Ho due figlie femmine alle quali leggo molte fiabe. Sono tutte basate su una mitologia che comprende due aspetti: la bellezza e l’innocenza. Una come purezza esterna, l’altra come purezza interna. Il viaggio che si fa è dal bello al brutto o viceversa. Chi muove i fili in questa storia sono sempre le ragazze. I personaggi maschili sono il ragazzo che esce con Jessy, il quale rappresenta la correttezza, ma che fondamentalmente è ipocrita, perché se lei non fosse bella, non la guarderebbe nemmeno. Il fotografo di moda oggettivizza la ragazza, ma non fa altro che alimentare una macchina. C’è poi Keanu Reeves che rappresenta la paura della penetrazione, quindi della perdita della purezza. Poi c’è il designer che ha la visione creativa della bellezza. Queste donne sono vittime di questa ossessione, ma al contempo contribuiscono ad alimentarla e poi ne prendono il controllo.
Come mai il triangolo ricorre così spesso all’interno del film e già sulla locandina, in scene stilizzate di grande bellezza visiva?
NWR: Il triangolo è il simbolo grandioso e satanico. Ossessione e perversione. Allo stesso tempo è una bellissima e simbolica rappresentazione di un mondo archetipico in cui questo demone, il neon demon, vive e si muove. C’è sempre il contrasto morte-bellezza, ma intrecciati, collegati l’uno all’altro. La scena iniziale è proprio l’idea di avere in qualsiasi momento del film questo contrasto, così netto, come se non ci fosse niente in mezzo. Dimostrare questo mondo sempre più caotico a cui si reagisce e al quale non ci sono contrapposizioni.