A Hollywood si dice che quando un attore finisce a lavorare con bambini o animali, vuol dire che è iniziata la fase discendente della sua carriera. Sulla base di questa legge dello showbiz, allora St. Vincent dovrebbe essere l’inizio della fine per Bill Murray, che duetta con un ragazzino e coccola un gatto bianco.
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Per fortuna non è così, anzi. Il grumpy old man Vince, bevitore, fumatore, sboccato, laido e privo di morale che si improvvisa baby sitter per tirare su qualche dollaro, è uno di quei personaggi che restano nel cuore e per cui vale la pena fare una gita al cinema più vicino. Quasi esclusivamente per il vecchio Bill, a dire il vero, perché alla fine della fiera questa opera prima di Theodore Melfi è una buona sintesi di cose già viste, sebbene confezionate con intelligenza e sostenute fortemente da un cast davvero in forma smagliante.
Melissa McCarthy, per una volta lontana dal turpiloquio che tanto caro le fu, si dimostra un’attrice dalla sensibilità rara. Naomi Watts prostituta russa incinta è a dir poco favolosa. Chris O’Dowd prete irlandese fondamentalista è uno spettacolo.
Ma su tutti c’è lui, Bill Murray, attore eccezionale capace da sempre di fondere dramma e sorriso con una naturalezza fuori dal comune.
Se un giorno ci ricorderemo di St. Vincent, sarà soprattutto grazie a lui.
E adesso scusate, ma è Natale e devo andare a vedere S.O.S. Fantasmi.