Una delle molte ipocrisie della società moderna è la falsa compassione che spesso si ha nei confronti dei portatori di handicap. Una forma di razzismo bella e buona, dato che i diversamente abili, come altrettanto ipocritamente si usano chiamare persone (per la cronaca, questo è il termine corretto) che hanno avuto la sfortuna di non avere un’esistenza benedetta dalla salute, possono rientrare in diverse categorie. Onesti, disonesti, buoni, cattivi, perfidi, semplicemente stronzi, o ingenui magari, in ogni caso con gli stessi desideri e le stesse voglie che tutti hanno: mangiare, bere, divertirsi. Fare sesso.
Non era facile affrontare un argomento sì complicato, ovvero come un tetraplegico possa avere una normale vita erotica, ma l’ottimo Ben Lewin, regista e sceneggiatore di The Sessions, è riuscito in questa ardua impresa.
Mark O’Brien era un giornalista e scrittore affetto da una forma di poliomelite molto avanzata. Costretto per gran parte della sua vita in un polmone d’acciaio, aveva però qualcosa che funzionava davvero molto bene: il suo cervello. E anche un’altra cosa, a dire il vero, che lo portò a volere essere non un paraplegico in grado di fare sesso, ma un uomo che riesce a trovare l’amore.
Raccontato con ironia, leggerezza e sensibilità da Lewin, anch’egli poliomelitico e quindi probabilmente più incline ad affrontare con grande intelligenza una condizione che ben conosce, The Sessions deve moltissimo anche alle straordinarie interpretazioni della coppia protagonista. John Hawkes, uno degli attori di maggiore talento del cinema americano contemporaneo, è un eccezionale Mark O’Brien, tratteggiandone la figura con rara introspezione e fornendo una performance fisica davvero estrema.
Al suo fianco, e non solo, Helen Hunt, terapista sessuale che si trasforma nel corso dei suoi incontri da professionista integerrima a donna innamorata. Attorno a loro, tanti bizzarri personaggi, su tutti William H. Macy, padre confessore di Mark, in una delle sue migliori interpretazioni, a dimostrazione, se ancora ce ne fosse bisogno, che la commedia è la prova più difficile per qualunque attore.
The Sessions non evita le usuali trappole in cui può incorrere un film di questo tipo, ma anche quando ci cade lo fa con stile e una consapevolezza da apprezzare. Ma cosa più importante, è un film che resta a lungo nella memoria e che cresce con il tempo, lasciandoti una sensazione di benessere che fa sentire bene. E fortunati di poter prendere una matita in mano.
Alessandro De Simone
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