C’è sempre un cecchino nella storia americana, nel bene e nel male. Quello di Dallas lo devono ancora trovare, ma proprio il vecchio Clint un sospetto lo aveva, nel finale di quel gran capolavoro di Un mondo perfetto. Alla faccia di chi dice che Eastwood è un regista conservatore, ecco l’ennesimo esempio della sua personale visione politica e sociale degli Stati Uniti, che non a caso va di pari passo con la sua poetica di base: l’America, un paese in perenne agonia, privo di valori, di cultura, tenuto insieme da una distorta visione della famiglia e da un nazionalismo becero e ignorante.
Quello che spinse Chris Kyle ad arruolarsi e ad andare in guerra per difendere i suoi compatrioti dal mostro islamico, ammazzando uomini, donne, bambini, per salvare i suoi commilitoni, invasori in nome della democrazia e della libertà. Non c’è esaltazione delle gesta di Chris nella visione di Eastwood, compassione semmai per un ragazzo che è stato educato da talebano americano e come tale portato ad agire come chi considera nemico. E che comprende e stana perchè a lui terribilmente simile.
American Sniper è un film crudele nei confronti dell’America
Kyle è un eroe tragico che Bradley Cooper tratteggia con grande dovizia, sia fisica che emotiva, ma che non ha niente di realmente nobile. Paradossalmente il personaggio che più gli si avvicina è il William Munny de Gli spietati, killer senza ipocrisia e senza rimorso. Kyle invece è un assassino in nome della bandiera, sa di essere uno strumento di morte e lo accetta perchè pensa che quella sia la missione per cui Dio l’ha messo in terra. Al suo fianco una splendida Sienna Miller nei panni di una moglie e madre che vorrebbe solo la pace, tra salotto e camera da letto, ennesimo esempio di quanto le donne nel cinema di Eastwood siano sempre la parte sana e genuinamente guerriera.
Se questa storia fosse stata raccontata da Steven Spielberg, come inizialmente previsto, sarebbe stato un film di una violenza visiva ed emotiva devastante, un Munich americano. Eastwood lo ha reso invece più compassionevole nei confronti del suo protagonista, a suo modo e per l’America un eroe, in realtà vittima di un sistema che non funziona da tempo, e come tale inutile accanirvisi: meglio ricordarlo come un padre, un marito e un americano. in fondo, sono loro ad avere insegnato a raccontare la leggenda, e forse hanno anche ragione ogni tanto.