Nel cinema d’animazione degli ultimi anni c’è un comune denominatore interessante. Da Alla ricerca di Nemo a Up, passando per Happy Feet e altri titoli di maggiore o minore successo, una delle linee narrative dominanti è quella della ricerca, la “quest”, per dirla con un termine che è oggi piú comune al mondo dei videogiochi. Non a caso, perché l’animazione digitale ha un legame stretto con le consolle e adattare la struttura del racconto di un film a quella di un prodotto ludico casalingo, e viceversa, aiuta i più giovani spettatori a entrare nel racconto e a interagirvi.
Una buona strategia di marketing da una parte, un nuovo linguaggio audiovisivo, soprattutto, che la generazione di nativi digitali cresciuta con Pixar e compagnia sta assimilando, con le logiche conseguenze creative che vedremo nei prossimi dieci anni. Per chi invece è cresciuto con un’educazione cinematografica classica, la soddisfazione sta nel vedere quanto evidenti siano in questo processo di trasformazione multimediale i dettami dei grandi narrastorie del passato. John Lasseter e soci insegnano, Chris Wedge e gli altri creativi della Blue Sky hanno ben compreso che è proprio la creazione di un ponte tra generazioni la formula giusta per fare tutti contenti.
La quest assume quindi un significato diverso per ogni categoria di spettatore, un gioco per il bambino, un percorso lastricato di ricordi per l’adulto. La saga de L’era glaciale è un mirabile esempio di questo format. Manny, Diego e Syd sono multiformi creature cinefile, nate dal cinema di John Ford, dato che il primo episodio è un omaggio a The Three Godfathers, uno dei western meno conosciuti del grande irlandese e a cui hanno attinto anche i Coen Bros per il finale del remake di Il grinta. Nel corso della serie si sono trasformati, nei Three Amigos, nei fratelli Marx, nei Tokyo Godfathers di Satoshi Kon e adesso in un trio action dalle molte anime, per questo quarto episodio, Continenti alla deriva, che non tradisce lo spirito iniziale e che introduce nuovi personaggi che daranno certamente la possibilità di continuare a lavorare su un prodotto che rinnovandosi poco ogni volta, riesce a essere sempre vincente.
In attesa che Scrat, i cui intermezzi sono sempre la cosa migliore dell’intero concept cine-preistorico, diventi protagonista di un film tutto suo. Tra Harold Lloyd e Buster Keaton.